La figlia più povera d’Italia, la Calabria, tenace ed indomita così
nel lavoro come nella speranza, bussa ancora una volta alla casa che pure è
sua, ma che un secolare ostracismo ha reso quasi inaccessibile. I fermenti di
questi giorni, comuni alle consorelle povere del Sud d’Italia, sono il frutto
di quella speranza mai doma, ma sempre delusa.
Una speranza che comunque non accetta più delusioni! Perché essa è stata mortificata, avvilita, ingannata, truffata; perché le sue mani che chiedono lavoro e sicurezza di vita, sono ormai incalzate e sospinte dal rosso sangue di Avola e di Battipaglia.
Non è retorica facile, perché le richieste imploranti di lavoro, le lotte, le agitazioni continue, i morti innocenti, non sono retorica! Ormai l’attesa mai pagata raggiunge l’esasperazione; i freni e gli argini un tempo costituiti dalla rassegnazione al disinteresse dell’autorità di governo, da una parsimonia di vita che costringeva i bisogni e i desideri nei limiti talora miseri dell’indigenza, non esistono più. Una coscienza sociale rinnovata rende partecipe alle lotte del lavoro tutta la gente di Calabria, non più soltanto coloro che finora avevano lottato sospinti da organizzazioni sindacala o politiche. Cosicché, in questa rinnovata e ritrovata coscienza sociale, lottano fianco a fianco tutte le categorie di cittadini superando, forse per la prima nella nostra storia antica ed amara, i limiti artificiosi ed artificiali di separazione di caste, di rispetti tradizionali e dannosi, divenuti ormai anacronismi. E non c’è più richiesta, non c’è più problema che, sia pure affrancato da ogni sospetto di strumentalizzazione politica, perché aneliti di vita e di giustizia, non trovi, per venire alla ribalta, la via pericolosa – ma paurosamente necessaria – della piazza, nel convincimento, purtroppo molto spesso fondato, che non c’è altro mezzo, altra maniera che serve a richiamare, almeno, l’attenzione di chi questi aneliti avrebbe dovuto soddisfare ormai da lunghissimi anni. Ma la via è pericolosa non soltanto perché la piazza, spesso incontrollabile, genera il sangue e il lutto, aggiungendo male al male, ma soprattutto perché essa è la manifestazione di un metodo nemico di qualsiasi regime democratico.
Di chi la colpa di tale malformazione? Di chi la responsabilità? La risposta a tali interrogativi è tanto ovvia e facile, che – senza timore alcuno – potrebbe sottintendersi. Ma noi vogliamo darla, ripetendo un discorso ormai vecchio ed usato, nella speranza che possa servire da stimolo, che possa avere il mordente caustico del rimbrotto ripetuto: Sono responsabili tutti i governi nel succedutisi nel reggimento d’Italia repubblicana, incredibilmente sordi ed insensibili alle più elementari richieste della gente del sud d’Italia e della Calabria, in particolare; responsabili per non aver ascoltato, o per avere ascoltato male disponendo, talvolta, strumenti che la macchina burocratica fagocita e distrugge prima ancora che possano servire; responsabili perché hanno sprecato, e sprecato tutt’ora, energie politiche ed economiche per elaborazione di piani, di studi, di soluzioni globali che non trovando poi necessario sostegno finanziario per una pronta esecuzione, divengono inattuali prima ancora di nascere.
Noi non siamo né economisti né politici, ma crediamo, senza presunzione, di essere nel giusto, quando chiediamo, che per la Calabria, povera e arretrata di ventenni, sia fatta una politica economica delle cose possibili, una politica economica che miri, zona per zona, settore per settore, a salvare in primo luogo ciò che già esiste, e poi, a creare ciò che può essere immediatamente creato, sia pure nella visione organica e globale di una soluzione di ordine più generale. Perché i piani, gli studi, le soluzioni globali, per una terra come la nostra in cui tutto è al tempo zero, possono essere utili soltanto quando immediatamente possono esplicarsi in risultati concreti se pure parziali.
Del resto amare considerazioni sulla nostra povera terra sono riportate in questo opuscolo per la penna di uno dei più illustri cittadini bovalinesi: il Comm. Pietro De Domenico, ex Sindaco di questo fiorente centro jonico, ex Assessore provinciale all’industria ed attuale componente del Consiglio di Amministrazione dell’Ente Regionale di Sviluppo ( Opera Sila).
Nel quadro di una auspicata politica delle cose possibili, di una politica che immediatamente intervenga a potenziare e salvare ciò che già esiste rientra la soluzione del problema dello Stabilimento di Bricà in Bovalino.
Ecco una cosa possibile! Ecco un problema che per essere risolto ha bisogno soltanto di un minuto di volontà politica!
Che forse scompagina i piani della programmazione economica, o quelli per una soluzione cosiddetta globale, potenziare questo stabilimento capace di risolvere immediatamente i problemi dell’occupazione di Bovalino e della jonica interessata?
Ci occuperemo brevemente e concretamente del problema senza lo studio di dati tecnico-commerciali ( che, peraltro, sono allegati a questa relazione ) sia perché tali dati sfuggono alle nostre attitudini, sia perché molto spesso i problemi che ci concernono, sia pure reali e pregiudiziali a soluzioni economiche razionali, costituiscono l’alibi per mascherare l’incapacità politica, o la mancanza di volontà – sempre politica – a risolvere i problemi stessi.
Parleremo perciò dello stabilimento di Bricà con il buon senso dell’uomo della strada, convinti come siamo che i dati per la risoluzione di questo problema sono di così macroscopica evidenza, e talmente facile a comporsi, che la soluzione di esso appare già prima che essi siano messi assieme da mano esperta.
Cosa è, e perché esiste il problema di Bricà?
Esiste in Bovalino Marina uno stabilimento per la lavorazione del legno ( tutti i dati tecnici relativi – ripetiamo – sono allegati in questo opuscolo ) di tale entità e di tale mole che quando sorse, intorno agli anni ‘ 50, ebbe risonanza europea. Ricorderemo soltanto, a tal proposito, che nella primavera del 1953 un’equipe di 32 giornalisti della stampa estera visitò gli impianti riportando ampi resoconti sui giornali europei ed americani, e che, nello stesso anno, l’Ing. Giuseppe Primerano – creatore e direttore dello stabilimento di Bricà – fu l’unico rappresentante, designato dal governo italiano, in seno al Congresso Europeo del Legno tenuto dall’OECE a Stoccarda ricorderemo inoltre che l’anno successivo uno specialista di tecnologia del legno, di fama mondiale – qual’lè il tedesco Ing. F. Fessel, - pubblicò sul giornale “ Holtz-Zentralblatt” ( il giornale centrale del legno) di Stoccarda, un lusinghiero articolo sullo stabilimento di Bricà dopo essere venuto a Bovalino per rendersi conto di persona degli impianti, della loro perfezione e della loro capacità; ed infine che nell’autunno del 1954 lo stesso Ing. Primerano – nella qualità di titolare dell’industria in questione- fu prescelto dalle nostre autorità governative, quale unico rappresentante intralciano nella Missione EPA 221 ( dell’ OECE di Parigi) col compito di studiare – attraverso la visita dei più importanti stabilimenti del legno europei – il problema dell’utilizzazione dei cascami ( vedasi volume dall’OECE stesso “ L’UTILISATION INDUSTRIELLE DES DECHETS DE BOIS “ e la rivista “ L’INDUSTRIA DEL LEGNO “ Milano – Marzo 1955 ).
Il riscontro più importante di tale meritata fama fu, sul piano che più ci interessa, che nelle attività interne ed esterne dello stabilimento ( annesse lavorazioni boschive, trasporti della materia prima con teleferiche e con autocarri ecc.) trovarono stabile e quotidiano lavoro un numero minimo seicento persone, operai ed impiegati!
Intervenuto il fallimento della s.p.a. “ Fratelli Primerano “- proprietaria dello stabilimento di Bricà – ( fallimento le cui cause, assolutamente estranee alla capacità direttiva dell’azienda e alla produzione dell’impianto sono ampiamente illustrate e documentate nelle pagine che seguono), lo stabilimento fu acquistato, nel 1961 dell’Azienda Forestale dello Stato, - per l’intervento diretto e tempestivo dell’allora Capo del Governo On. Fanfani che, nel suo giro in Calabria di questo anno, ebbe modo di visitarlo.
Questa data che avrebbe segnato la rinascita, segnò purtroppo l’inizio della lenta e delittuosa agonia che sta portando a morte questo meraviglioso impianto industriale.
Sotto la gestione dell’Azienda Forestale, Ente di Stato, la mano d’opera impiegata non ha mai superato le ottanta unità ed il passivo annuo ( dicasi passivo e non attivo) denunziato dalla stessa Azienda di Stato, attuale proprietaria dello stabilimento, ammonterebbe a circa novanta milioni di lire! E dire che l’Azienda Forestale non ha certo acquistato lo stabilimento di Bricà per fare della beneficenza! Basterà ricordare che il “ Rapporto PREMUDA “ ( dal nome dell’Ing. Premuda, Ispettore Generale del Corpo dello Stato inviato a Bovalino nel 1961 per studiare un piano economico per Bricà, al fine di procedere all’acquisto da parte dell’Azienda di Stato predetta), concludeva che lo stabilimento, lavorando a metà regime produttivo, cioè con soli mc. 14.400 di legname in tronchi all’anno, avrebbe dato un utile netto di £ 16.149.00, sempre riferito alla stessa unità di tempo; utile ovviamente calcolato con la “ prudenza “ di chi vuol comprare a prezzi di …liquidazione. Infatti fu questo “ Rapporto “ che servì di base per le trattative tra la Curatela fallimentare e l’Azienda Forestale.
Questi sono i dati nella loro semplice e scarna drammaticità: prima seicento lavoratori, oggi appena ottanta! Prima lo stabilimento era gestito dai privati, oggi è gestito da un Ente di Stato!
Sono risultanze tanto assurde da rasentare l’incredibile. E l’assurdo diventa addirittura ridicolo – se non fosse drammatico – quando si considera la situazione salariale ed assistenziale dei pochi lavoratori dipendenti, i quali subiscono un illegittimo licenziamento bimestrale, sono mal trattati ed inquadrati nel settore agricoltura, anziché in quello dell’industria, quale ad essi compete. Si disse e si dice che è una legge che stabilisce tale trattamento e che impedirebbe il superamento di questa abnorme situazione; legge specifica che riguarda in generale l’attività dell’Azienda Forestale dello Stato, che sarebbe essenzialmente agricola e quindi soggetta, per sua natura, a periodiche interruzioni; sicché la natura stessa di questa attività dell’Azienda giustificherebbe una tale legge la quale, peraltro, soltanto occasionalmente, ha riguardo ad attività industriale, anzi si vuol dire che lo stabilimento di Bricà sarebbe il solo caso di attività industriale, nell’ambito della gestione forestale, esercitata dall’Azienda stessa, e pertanto, poiché tutti coloro che lavorano alle sue dipendenze sono soggetti a detta legge, essa deve necessariamente riguardare anche gli operai dello stabilimento di Bricà. A parte la considerazione che una tale interpretazione è arbitraria ed illogica, giacché la legge in questione non può che riguardare, solo e soltanto, i dipendenti che svolgono attività agricole, essendo gli altri governati e tutelati dalle normali disposizioni di legge in materia di lavoro, le affermazioni che lo stabilimento di Bricà sia l’unico impianto industriale che possiede l’Azienda Forestale sono mendaci, o frutto di ignoranza totale dell’argomento. E’ vero, infatti, il contrario: l’Azienda di Stato per le Foreste Demaniali è proprietaria dei seguenti altri stabilimenti industriali per la lavorazione del legno ( segherie moderne, con annessi impianti di evaporazione ecc. e Bricà è ormai ridotta a semplice segheria nelle mani della Forestale ) che gestisce in proprio, con personale dipendente inquadrato regolarmente nel settore Industria e con rapporto d’impiego a carattere permanente:
1 |
Segheria di Nova Levante |
Foresta demaniale di Bolzano |
2 |
Segheria di Bocche |
Foresta demaniale di Panaveggio |
3 |
3 - Segheria di Canton |
Foresta demaniale del Cavalese |
4 |
4 - Segheria di Caoria |
Foresta demaniale di Primiero |
5 |
Segherie di Tarvisio |
N.4 impianti: segherie di Slizza 1; Slizza 2; Slizza segueria3;Di Bartolo |
6 |
Segheria di Gorizia |
Gorizia |
7 |
Segheria di Mastrocarlo |
Foresta demaniale dell’Abetone |
8 |
Segheria di Vallombrosa |
Arezzo |
9 |
Segheria di Pratovecchio |
Foresta demaniale del Consiglio |
10 |
Segheria del Mandrione |
Foresta demaniale Umbra ( Gargano ) |
11 |
Segheria di Bibbiena |
Foresta demaniale del Casentino |
12 |
Segheria del Cupone |
Foresta demaniale della Fossiata ( Sila ) |
E’ nostro dovere, pertanto, denunciare questo fatto gravissimo e meritevole di ben altri attributi: L’Azienda Statale delle Foreste, dopo aver fatto di Bricà una segheria con gestione passiva, in ispreto dei più elementari principi di economia e retta amministrazione, nonché del “ Rapporto Premuda “, più sopra menzionato, ha ritenuto di riservare ai lavoratori di Bricà un trattamento “ particolare”: il più sfavorevole tra quelli riservati ai suoi dipendenti e, incredibile a dirsi, diverso persino da quello riguardante i dipendenti delle sopraelencate segherie. Il danno e la beffa! La situazione di Bricà ! Il problema è così grande, i suoi dati così macroscopici, che non abbisognano certo ulteriori considerazioni. Del resto, i dati tecnici che corredano questa relazione, sono più che sufficienti ad illuminare anche i meno avveduti sul delitto economico continuato che si consuma a danno ed ingiuria dei bisogni di questa terra povera e dimenticata !
Quali i rimedi? Primo fra tutti la ferma volontà politica di adottarli. Senza un tale impegno, senza l’aprioristico convincimento politico che il problema di Bricà deve risolversi, ogni sforzo sarà vano e non serviranno né piani economici, né studi e né promesse. E questa volontà politica abbiamo legittimato diritto di pretendere dai nostri diretti rappresentanti, ormai numerosi, per fortuna, alla responsabilità di governo; così come abbiamo diritto di pretenderla dal Governo per le mille promesse fatte e mai mantenute. Cosa chiediamo? Che lo Stato intervenga! Che il Ministero delle Partecipazioni Statali intervenga! Possiamo anche concordare con la opinione, altamente espressa in circostanza non lontana, che l’Istituto delle Partecipazioni Statali non può essere ridotto ad Ospedale, a Sanatorio delle industrie private ammalate e tisiche. Ma a parte il fatto che Bricà non è un’Azienda strutturalmente ammalata, o tisica, ma è invece – un impianto altamente produttivo, se condotto e finanziato come si deve; e a parte il nostro personale convincimento che lo Stato, nei suoi interventi economici e finanziari, non può essere guidato soltanto dal principio edonistico del massimo utile, ma che la sua azione deve essere frutto di contemperamento equilibrato tra utile ed interessi sociali, sia pure di gruppi,vogliamo ricordare che lo stabilimento in questione non è più un’industria privata ma appartiene già allo Stato che, quindi, avrebbe l’obbligo di risanare, cioè di guarire se stesso.
Fosse Bricà un’industria privata sull’orlo del disastro economico, siamo personalmente e fermamente convinti che lo Stato sarebbe di già intervenuto e non come fece nel 1961, tramite l’Azienda Forestale, ma come ha fatto in tempi recentissimi con gli stabilimenti ex Rivetti di Praia a Mare e di Maratea, a un tiro di voce da noi! All’obbedienze, mossaci da ipotetico contraddittore, che l’industria Rivetti è ben altra cosa, rispetto all’industria di Bricà, vorremmo rispondere, in primo luogo, che intanto Bricà è uno stabilimento capace di dare lavoro – diretto e indiretto – ad almeno seicento persone ( è certo non poca cosa l’occupazione di 600 dipendenti!), ma vorremmo aggiungere che non è saggio criterio di governo della cosa pubblica, né saggio principio di politica economica, misurare l’importanza di una industria col solo metro del numero degli operai impiegati, nel significato assoluto dei numeri, senza tener conto del parametro del contesto sociale in cui tale industria sorge; sarebbe un ragionare controsenso, anzi in senso antieconomico, perché intanto può essere valido qualunque paradigma economico astrattamente costruito, in quanto tale validità gli derivi dal contesto sociale che a questo paradigma dovrà dare corpo e dimensioni concrete. La valutazione dell’importanza sociale ed economica di un’industria deve essere misurata, secondo il nostro personale e modesto convincimento, tenendo soprattutto conto della proporzione tra massa di lavoro impiegata ed insediamento sociale da cui tale massa deriva; apparirà così evidente che lo stabilimento di Bricà è per Bovalino e zona jonica interessata, quello – e forse più – che lo stabilimento Rivetti è per Praia a Mare e Maratea.
Tutto questo prescindendo dal fatto – sul piano strettamente economico che nessuno è riuscito a dimostrare, con elementi seri ( se si toglie la propaganda di bassa lega dei gruppi settoriali interessati ) che lo stabilimento di Bricà, assistito con mezzi adeguati e sotto una valida direzione, possa riuscire improduttivo.
E’ vero, invece, esattamente il contrario, poiché è storicamente accertato anche dalle rigorose inchieste giudiziarie, seguite alla vicenda fallimentare dell’azienda privata, ex proprietaria – che l’industria di Bricà cadde per assoluta mancanza di capitali di esercizio; cioè l’ossigeno che ha bisogno il corpo umano per vivere…Sicché trova piena giustificazione il titolo che abbiamo ritenuto opportuno di dare a questo opuscolo, per indicare plasticamente il crimine che si è perpetrato ai danni della nostra disgraziata terra di Calabria!
Comunque sia, è possibile dare una risposta positiva alle nostre richieste? Ci sono problemi di approvvigionamento della materia prima, di sbocco di mercato, di trasporto, di infrastrutture, che impediscono tale risposta?
Intanto osserviamo che l’ISVEIMER li ha certamente superati, questi problemi al vaglio critico, se ha recentemente concesso ad una ditta del nord. Un cospicuo finanziamento di ben sei miliardi per far sorgere una nuova industria similare nella zona di S. Gregorio, alle porte di Reggio Calabria; industria che pure essa ha bisogno del legno come materia prima! Noi siamo dei tecnici economici, né cultori assidui di economia, ma ci siamo preoccupati di procurarci dei dati inoppugnabili che possono dare risposta alla parte più importante degli interrogativi ora posti.
Anzitutto una panoramica dell’industria italiana del settore e una breve analisi di essa varranno a rendere più eclatante il problema che ci interessa.
In Italia esistono 148 fabbriche di compensati, tranciati e affini, secondo l’elenco che segue, e cui dati sono stati desunti dalle statistiche ETAS - KOMPASS, il più accreditato annuario economico italiano ( edizione 1968 / 69 ):
Fabbriche di compensati tranciati e affini esistenti attualmente in Italia
1 |
A.B.C. Brivio & Figli |
Robbio ( Pavia ) |
2 |
Fratelli Alfieri & Figli |
Guastalla ( Reggio Emilia ) |
3 |
A.l.p.e.a.Appl.Legnami s.p.a. |
Mortegliano ( Udine ) |
4 |
Altissimo Guido |
Mirano ( Venezia ) |
5 |
Alpi Pietro & Figli |
Modigliana ( Forlì ) |
6 |
Altieri s.p.a. |
Montesilvano ( Pesaro ) |
7 |
Ing. Annovati & Figli s.p.a. |
Frossasco ( Torino ) |
8 |
Fratelli Ansaldi |
Boves ( Cuneo ) |
9 |
Artioli Rino & fratelli |
Modena |
10 |
Audasso Antonio s.n.c. |
Torino |
11 |
Barone Ernesto Sabet s.p.a. |
Conegliano ( Treviso ) |
12 |
Fratelli Belle |
Zevio ( Verona ) |
13 |
Belotti Legnami s.p.a. |
Cermenate ( Como ) |
14 |
Bodini & Galiberti s.n.c. |
Varedo ( Milano ) |
15 |
Bonzano Enrico & figli s.n.c. |
Casale Monferrato ( Aless. ) |
16 |
Bosi s.p.a. |
Piacenza |
17 |
Bosi s.p.a. |
Cittaducale ( Rieti ) |
18 |
Bottarelli Giulio |
Colorno ( Parma ) |
19 |
Brocca Luigi & Figli s.n.c. |
Milano |
20 |
BrogliaErmanno |
Cava Manara ( Pavia ) |
21 |
Candellero Nuccio s.p.a. |
Vigone ( Torino ) |
22 |
Trancerei Cavallai Cesare |
Viadana ( Mantova ) |
23 |
Cavallaio Edo & Vittoriano |
Viadana ( Mantova ) |
24 |
Cavallai & Poli s.p.a. |
Cremona |
25 |
Fratelli Ciastellardo s.p.a. |
Torino |
5 – Friuli Venezia Giulia “ 11 Fabbriche
6 – Toscana “ 4 “
7 – Abruzzi e Molise “ 4 “
8 – Lazio “ 3 “
9 – Campania “ 3 “
10- Marche “ 2 “
11- Calabria “ 2 “
12 –Alto Adige Trentino “ 1 “
13- Liguria “ 1 “
Totale n. 148 “
Si nota subito che dalla graduatoria sono escluse le seguenti regioni che non hanno alcuna fabbrica del genere:
Valle D’Aosta
Umbria
Puglia
Basilicata
Sicilia
Sardegna
B) – Per ripartizione geografica
Italia Settentrionale n. 130 Fabbriche
Italia Centrale “ 13 “
Italia Meridionale “ 5 “
___________
Totale n. 148 “
N. B. – Per quanto riguarda le due fabbriche calabresi – la CILME di Nicastro e la ISA di Villa S. Giovanni si precisa che trattasi di piccole impianti che sfruttano soprattutto il legno faggio, dell’Aspromonte e delle Serre, per la costruzione di sedili curvi e fabbricazione di compensati di piccole dimensioni. Esse comunque non hanno alcun riferimento di congruità con gli impianti di Bovalino.
Dalle 148 fabbriche innanzi elencate si possono dedurre con l’ausilio delle schede ETAS-KOMPASS le seguenti classificazioni, rispetto al fatturato e al numero dei dipendenti:
Per fatturato:
N.108 |
fabbriche con un fatturato annuo inferiore a 500 milioni |
N. 32 |
fabbriche con un fatturato annuo compreso fra 500 e 1000 milioni |
N. 8 |
fabbriche con un fatturato annuo compreso fra 1000 e 10.000 milioni |
|
Totale N. 148 |
Per dipendenti
N. 85 |
fabbriche con meno 50 dipendenti |
N. 55 |
fabbriche con un numero di dipendenti compreso fra 51 e 250 |
N. 8 |
fabbriche con un numero di dipendenti superiore a 250 |
|
Totale N. 148 |
Le otto maggiori fabbriche italiane, per dipendenti e fatturato, sono qui elencate per ordine alfabetico:
1 |
Bosi s.p.a. |
Cittaducale ( Rieti ) |
2 |
Cavalli & Poli s.p.a. |
Cremona |
3 |
Garis Piero |
Vinoso ( Torino ) |
4 |
Molteni & C. s.n.c. |
Giussano ( Milano ) |
5 |
M.T.C. s.n.c. |
Meda ( Milano ) |
6 |
Safic s.p.a. |
Mortasa ( Pavia ) |
7 |
Saffincisa s.p.a. |
Milano |
8 |
Siccer s.p.a. |
Milano ( con stabilimento a Napoli ) |
Si nota subito che tranne la BOSI e la SICCET il grosso delle fabbriche del settore è concentrato in alta Italia, e più precisamente in Lombardia.
Del resto uno sguardo alla cartina geografica che segue, riportante le industrie dislocate nelle varie regioni d’Italia e indicate ognuna con un puntino rosso, rende una visione impressionante e macroscopica dei dati fondamentali attinenti al nostro problema.
E a questo punto sorgono spontanee alcune domande:
Com’è possibile far morire la fabbrica di Bricà nel contesto dello squilibrio settoriale geografico ed economico che rappresentano questi dati?
Come si potrebbe affermare che le 55 fabbriche della Lombardia e le 22 dell’Emilia Romagna per non dire delle altre – possono essere produttive ( e in effetti lo sono perché altrimenti non esisterebbero ) pur essendo costrette ad importare tutta la materia prima da altre regioni e dall’estero, mentre Bricà, che ha le materie prime in loco, dovrebbe essere considerata improduttiva come ha voluto sempre dare ad intendere la propaganda contraria dei monopoli lombardi e come oggi sta avallando l’Azienda Forestale con la sua dissennata condotta di gestione?
Passiamo ora ai dati della disponibilità della materia prima in loco.
La Calabria è la seconda regione d’Italia per estensione boschiva, con ettari 238.816, preceduta solo dalla regione Alto Adige Trentino con ettari 469.725. Ciò si può leggere nell’Annuario Statistico Forestale – Vol. XIX – anno 1967 ( ultima pubblicazione ) a pag. 23. Annuario edito da un Ente di Stato, cioè dall’Istituto Centrale di Statistica.
Nel 1967 si sono prodotti in Calabria mc. 141.337 di legname da opera in tronchi ( pag. 88 del suddetto annuario ).
Ora, poiché lo stabilimento di Bricà, lavorando a pieno regime, consuma circa 29.000mc. di tronchi all’anno – come si può desumere dall’allegato piano di gestione – ne consegue che il quantitativo di legno sopradetto, che si produce in Calabria, è sufficiente per alimentare ben cinque stabilimenti come quello di Bricà, lavorando a pieno regime, consuma circa 29.000 mc. Di tronchi all’anno – come si può desumere dall’allegato piano di gestione – ne consegue che il quantitativo di legno sopradetto, che si produce in Calabria, è sufficiente per alimentare ben cinque stabilimenti come quello di Bricà.
Da quanto precede trarremo due sole considerazioni di ordine pratico:
1 - Esiste, in loco, la materia prima più che sufficiente per alimentare lo stabilimento di Bricà;
2 - Esiste, anche in loco, un’area vastissima per l’assorbimento dei prodotti di Bricà. A parte il fatto che abbiamo già notizia che l’intera produzione di questo stabilimento – anche lavorando a pieno regime non sarebbe sufficiente a coprire il fabbisogno delle sola provincia di Reggio Calabria, basta dare uno sguardo, ancora più attento, alla cartina che precede, per rilevare una ampissima area di mercato, rappresentata dalle regioni meridionali prive di fabbriche e sulla quale area può tranquillamente e proficuamente operare lo stabilimento di Bricà per la collaborazione dei suoi prodotti, senza considerare le grandi possibilità che offre l’esportazione all’estero del pannello Portz.
Per quanto riguarda le infrastrutture necessarie – a fra esse, soprattutto, le vie di comunicazione – che collegano lo stabilimento alle fonti di approvvigionamento della materia prima e di sbocco dei prodotti finiti – esistono già, o richiedono un minimo di buona volontà per porle in essere col minimo dispendio di energie finanziarie, data la felice topografia della zona.
Basta pensare alla rete ferroviaria e stradale esistente ed in grado di collegare in breve tempo Bovalino con tutti i centri di produzione del legno e di collocamento dei prodotti finiti:
FERROVIE DELLO STATO - Linea ferroviaria Reggio Calabria – Metaponto – Taranto – Bari ed oltre. Scalo di Bovalino, distante 800 metri dallo stabilimento.
SUPERSTRADA STATALE JONICA 106 – Allaccia Bovalino a Reggio Calabria e Catanzaro con una distanza media di percorrenza di 80 kim. Per ciascuno dei due centri.
STRADA STATALE 112 – Bovalino - Bagnara. Nasce a Bovalino e attraverso la dorsale aspromontana di Passo Zilastro tocca i centri della provincia più fortemente interessati alla produzione del legno: Platì S. Cristina d’Aspromonte, Delianova, Cosoleto, Santa Eufemia d’Aspromonte ecc.
STRADA STATALE 111- Locri – Gioia Tauro. Partendo dalla SS. 106, a 10 km. Circa da Bovalino, attraverso la dorsale aspromontana all’altezza del passo del Mercante, raggiungendo il grosso centro commerciale di Gioia Tauro, dopo aver attraversato altre due importanti città della Piana ( Cittanova e Taurianova ). Questa arteria è collegata alla SS. 112 lungo il crinale spartiacque tra Passo del Mercante e Passo Zilastro.
STRADA STATALE 281 – Gioiosa Marina – Rosarno. Questa arteria nasce, a circa 20 km. Da Bovalino, dalla SS. 106, sale lungo la vallata del Torbido, raggiunge Passo della Limina e scende sulle coste del Tirreno, a Rosarno ( altro centro importante per l’industria del legno ) dopo avere attraversato la cittadina di Cinquefrondi.
STRADA STATALE 501 – Gioiosa Jonica – Mongiana. Nasce dal bivio di Catalisano sulla SS. 281, attraverso Grotteria e dopo aver raggiunto il passo di Croceferrata a m. 1.100 s.l.m., si allaccia, oltre Mongiana, con l’altra trasversale 182 che da Monasterace Stilo va a Vibo Valentia, dopo aver attraversato Serra S. Bruno, centro molto attivo di legnami delle Serre calabresi.
Per quanto riguarda l’accesso alla Sila valgono le importanti arterie statali 108, 179 e 189.
Non meno importanti, infine, le strade di servizio aperto dalla Azienda Forestale che, attraverso S. Luca, ( quest’ultimo centro collegato a Bovalino da un’ottima strada provinciale di km. 11 circa ) raggiungono da un lato Montalto ( 1.950 m. ) e consentono il collegamento con Gambarie – Santo Stefano D’Aspromonte e le montagne di Bova Superiore ed Africo, Roghudi ecc. e dall’altro raggiungono la catena dell’Aspromonte, collegandosi direttamente con gli altipiani di Camelia e Junchi.
Infine, sempre nel campo delle infrastrutture, non è da trascurare la circostanza, altamente favorevole, dell’esistenza in loco di mano d’opera specializzata e già sperimentata, nello stesso stabilimento di Bricà, quando era nelle mani dell’industria privata la quale aveva fatto eseguire in Austria vari corsi di specializzazione per i suoi dipendenti, presso gli importanti stabilimenti della DANUBIUS ( una delle più grandi fabbriche di compensati d’Europa ) a Rosnenau, nella Stiria. Importante anche il fatto dell’esistenza nella zona di numerose fabbriche di mobili in legno, a carattere artigianale, che riceverebbero e darebbero allo stabilimento di Bricà impulso e crescente incentivo alla fabbrica di prodotti finiti o semilavorati.
CONCLUSIONI
Quanto abbiamo detto finora è stato un discorso “ alla buona “ senza alcuna pretesa, oltre quella di tradurre sul piano della più completa comprensione il problema che interessa maggiormente la gente di questo lembo di Calabria. Tale discorso non ha assunto toni elevati di svolgimento, o aspetti complicati di natura tecnica, soprattutto perché è convincimento personale di chi scrive che il primo obiettivo di colui che chiede deve essere quello di farsi intendere; in secondo luogo perché questo nostro discorso non è altro, né potrebbe essere altro, che lo specchio in cui si riflettono i desideri, le ansie, le aspirazioni della gente della gente di Bovalino e della zona jonica interessata alla rinascita dello stabilimento di Bricà.
Questi desideri, queste ansie, queste aspirazioni, debbono finalmente trovare appagamento; non è più tempo di attesa vane o rassegnate !
La “ temperatura “ delle richieste può essere misurata con la sintomatica manifestazione popolare del 21 maggio scorso che ha determinato, sul piano di una totale completa partecipazione, la convergenza di tutte le forze politiche e sociali.
Non è giusto, né onesto aspettare che la piazza generi l’irreparabili!
Non è giusto, né onesto, e non è più sopportabile, ignorare chi chiede lavoro,o sentire e dimenticare, come si è fatto per lustri e lustri a proposito dello stabilimento di Bricà!
Il Comitato di Studio e di Agitazione “ Pro Bricà “ mentre ribadisce la ferma volontà di lottare fino al successo, rassegna fiducioso la giusta richiesta contenuta in queste pagine, nella speranza che una nuova delusione non si debba aggiungere alle tante patite.
Bovalino,Giugno1969
Avv. Pasquale Strano Presidente del Comitato