LA MADONNA DELLA MARINA
IN CONTRADA GIUDEO DI ARDORE
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Dio vi salvi, o Maria Dio vi salvi, o Maria, del mare lucente stella, la nostra Madre bella della Marina. Del cielo gran Regina, li chiavi vui teniti, sempi li disponiti al Paradisu. Guardati, quant’è il viso, Arduri e l’abitanti. Amati tutti quanti, ogni famiglia. E di qualunque figlia, sua Madre diventasti, appena l’accettasti l’Ave Maria. Ave pe’ sempi sia, Nostra Marina fati chi sia d’ogni terràta, in ogni tempeggiàta, in abbondanza. Chissà chi portati in braccia è vostru figghiolu divinu, fatelu a nnui vicinu ancora sia.
E di la morti mia la tua presenza amata, fati chist’arma ‘mbiata in Paradisu.
Dove c’è gioia e risu, c’è festa, soni e canti, gloria a tutti i Santi ancora sia.
Gloria pe’ nnui sarrìa di sant’amuri e paci. Gloria alla nostra Matri di la Marina.
(Rosa Minici, anno 1910)
O Maria di la Marina O Maria di la Marina, nostra Matri ed avvocata, Virginellha ‘Mmeculata, pe’ la grazia divina, o Maria di la Marina.
E riflessi e pedi toi, Tu chi si’ la triturata, ddrizzu a ttia carda prejèra, chi der celu si’ Reggina, o Maria di la Marina.
Eu fu’ ‘ngratu e lu cumpessu centra a chillhu chi mm’ha criàtu e, pentitu e ddominiàtu, a ttia ricurru ‘stamatina, o Maria di la Marina.
O bellissima sembianza e trisoru der Paradisu, guarda a nnui cor to’ bel viso, quando ‘st’arma a ttia s’incrìna, o Maria di la Marina.
O Reggina der Paradisu, chi dar celu fusti chiamata, e di stillhi si’ ‘ncurunata, sarva ‘st’arma mia mischina,
o
Maria di la Marina. (Teresa Maria Minniti, anno 1916, ne contribuisce la composizione ad una sua prozia, <<monaca di casa>>).
O Madonna d’'a Marina, chi di grazzi siti chjìna, disponìtimi una a mmia,
prima
ca sona l’Adi Maria. (Maria Spatolisano, anno 1921) |
Ad un chilometro dal centro di Ardore Marina, in contrada Giudeo, si trova una chiesetta, ad un’unica
navata, di antica origine (sarebbe stata costruita tra il 1630 e il 1635
sulle rovine di un preesistente monastero), un tempo cappella gentilizia
del Barone di Palazzi. La chiesa conserva dipinti antichi e
stendardi che risalgono probabilmente alla conquista napoleonica. Ha
subito diversi rimaneggiamenti, ma sotto l’attuale campanile presenta
ancora una calotta di mattoni di varie dimensioni, misti a cocci disposti
in taglio, che sembra essere il catino absidale della costruzione
primitiva orientata. Nelle più recenti ristrutturazioni, con l’aiuto
dei fedeli, è stato rimosso il controsoffitto, sostituite le vecchie
travi con delle capriate in legno e sono state stonacate la facciata ed il
campanile, riportando la chiesetta al suo originario prospetto in pietra. Vi si venera una statua lignea, dedicata alla Madonna della Marina, di cui sono ignoti sia l’autore che l’anno di realizzazione (si sa che è stata restaurata negli anni '60). La Vergine, raffigurata in piedi, regge, col braccio destro un Bambino riccioluto e paffutello, mentre, con la mano sinistra, tiene stretta una colomba con le ali spiegate (un motivo iconografico presente anche in altre statue della zona). Il Bimbo, che sgambetta felice, con la manina destra sembra benedire o salutare i fedeli. Un ampio mantello azzurro, trapunto di stelle e dal bordo dorato, ricopre la madonna e scende, con un morbido panneggio, sul lato destro, mentre, sul davanti, lascia scoperte le pieghe della veste di un intenso colore fucsia, con un’ampia bordura in oro; il velo della Vergine e l’abito del Bambino sono di colore beige. L’atteggiamento delle due figure è dolce, di una composta serenità. La base su cui poggia la statua è azzurra come le onde del mare. Nel luglio 2003 la statua della Madonna è stata lievemente ritoccata e ripulita da Francesco Marafioti di Monasterace. Il culto alla Madonna della Marina, alla quale si attribuiscono miracoli riguardanti guarigioni, è molto sentito non solo dalla gente del luogo, ma anche dagli abitanti delle contrade limitrofe che accorrono numerosi nel giorno della festa. Un tempo essa si celebrava il 3 di settembre e durava un giorno. C’era la consuetudine, da parte delle donne del vicinato (la chiesetta sorge infatti tra un gruppo di case), di trascorrere interamente la giornata in compagnia della Vergine <<pe’ nommu a dassàmu sula>> (per non lasciarla sola). Si soleva dire, a tale proposito, questa espressione. <<Facìmu a jòrnata a’ Madonna>> (Dedichiamo alla Madonna l’intera giornata). In occasione della festa, nel vallone Tre Carlini, sottostante la chiesa, si svolgeva la fiera degli animali (soprattutto capre, maiali, asini) ed era possibile anche acquistare la carne che veniva macellata sul posto. Sempre nel vallone erano allestite dai venditori ambulanti numerose bancarelle di <<calia>> (ceci abbrustoliti in una speciale padella detta <<u caliatùri>>), di <<mustazzòla>> (dolci fatti di farina impastata con miele o mosto cotto, dalle forme varie, anche di animali) e di oggettini sacri. Per smorzare la calura, si ricorreva alle gassose e ai gelati che erano particolarmente graditi. Molto attesa era la <<riffa>> di un medaglione con l’effigie della Madonna. Alla fine dell’800, il costo di un biglietto era di un soldo. La festa, il cui inizio al mattino era annunziato dai suonatori di un tamburo e grancassa che giravano per le vie del paese, si concludeva con una breve processione, il ballo del <<cavallhùcciu>> (una sagoma di cavallo, fatta di canne intrecciate, ricoperta di cartapesta colorata, all’interno della quale un uomo dava vita all’animale, mimando aritmicamente, al suono assordante dei tamburi, un ballo che diventava via via più frenetico finché il cavallo, con un abile uso dei petardi, a poco a poco esplodeva) e i fuochi d’artificio. La festa , salvo le introduzioni dovute alle guerre e ai lavori di restauro, si è mantenuta fino ai tempi attuali ma non c’è più la fiera. Il giorno è stato anticipato alla prima domenica d’agosto (per dare occasione agli emigranti e ai forestieri di parteciparvi e per poter effettuare la processione con la Madonna sulla barca) e la processione, dopo una lunga interruzione di circa 27 anni, dovuta all’impraticabilità del vallone, è stata, dall'agosto 1996, ripristinata dal Comitato organizzativo, con un percorso un po’ variato negli anni in seguito alla chiusura del passaggio nel vallone Trecarlini. Seguita dalla banda musicale, la sacra effigie, nel pomeriggio, dopo le funzioni solenni, viene portata a spalla, partendo dalla chiesa, accompagnata dai devoti con preghiere e canti, e percorrendo la strada in contrada Giudeo, giunge fino alla riva del mare dove viene imbarcata. Da qui la processione prosegue sulle barche, ornate di palloncini colorati e bandierine, che costeggiano la riva di un ampio tratto, tra le ovazioni dei bagnanti presenti. La statua è fatta poi ridiscendere sul lungomare dove viene celebrata la messa solenne. La processione si ricompone e percorre le vie principali del paese, mentre dai balconi delle case, addobbati con drappi, vengono fatti cadere petali di rose. Dopo una breve sosta sul sagrato della Chiesa parrocchiale di S. Maria del Pozzo per la benedizione, il santo simulacro ritorna, a tarda sera, con la fiaccolata dei credenti al punto di partenza. Come al solito la festa si conclude col tradizionale ballo del <<cavallhùcciu>>, richiamo per i molti villeggianti forestieri presenti nella zona, e l’atteso spettacolo dei fuochi pirotecnici. Al di là delle espressioni puramente esteriori (c’è ancora la consuetudine di appendere ad uno stendardo i soldi dati come offerta alla Vergine), varie sono le forme culturali attraverso le quali i devoti esprimono la loro fede. Esse vanno dalla partecipazione alla novena, alla S. Messa, alla recita del S. Rosario, all’accostamento della Comunione, alle preghiere, ai canti. La piccola chiesa, il giorno della festa, malgrado il caldo intenso, è gremita fino all’inverosimile e la gente partecipa dalla Messa stando in piedi sullo spiazzo antistante. Il pubblico è vario e tra gli anziani c’è anche la presenza dei giovani. Tra le antiche composizioni in vernacolo, che Caterina Nobile ha potuto recuperare, mi piace presentare due canti e un’invocazione. Li trascrivo qui a lato così come li ha raccolti, dalla viva voce di anziane donne ardoresi, che li hanno, a loro volta appresi, per tradizione orale, con le inevitabili contaminazioni che il trascorrere del tempo ha apportato. È evidente il riferimento, con notevoli varianti, ad un Salve Regina molto diffusa nella tradizione popolare calabrese. Sono composizioni semplici, ma ricche di spiritualità. La Vergine è chiamata con gli appellativi più belli: <<Matri>>, <<Avvocata>>, <<Trisurera>>, <<der celu…Regina>>, <<bellissima sembianza>>, invocata accoratamente per la salvezza dell’anima, in punto di morte. Il Paradiso è visto come luogo ideale, caratterizzato da <<gioia>>, <<risu>>, <<festa>>, <<soni>> e <<canti>>. Alla Madonna, dispensatrice di grazie, se ne chiede una da ottenere subito, prima del suono dell’Ave Maria. Mentre le sopra indicate manifestazioni esterne sono ancora praticate, di questi testi non resta più traccia nelle odierne celebrazioni religiose. L’immaginetta attuale, che raffigura la Vergine, è a colori e presenta sul retro la seguente preghiera, che è stata elaborata di recente dagli stessi fedeli della contrada, su sollecitazioni del parroco padre Ireneo Conti. L' immaginetta più antica era invece in bianco e nero e sul retro non recava alcuna preghiera. Confrontando le due figure, si colgono alcune differenze. bibliografia
– articolo a cura di Caterina E. Nobile -
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LA CHIESA OGGI
LA MADONNA
LA CHIESA UN DECENNIO FA
LA MESSA IN OPERA DELLE CAPRIATE DURANTE LA RISTRUTTURA- ZIONE DELLA COPERTURA
UN'ANTICA FOTO
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