IGINO MENCARELLI FULCO
RUFFO DI CALABRIA |
AERONAUTICA MILITARE - UFFICIO STORICO - 1970 |
Fra
le avventurose vicende di cui è intessuta la vita di guerra di Fulco Ruffo di
Calabria, il grande pilota da caccia della prima guerra mondiale, la meno nota e
comunque la più singolare è certamente quella narrata dallo stesso
protagonista, in un « numero unico» Pubblicato nel 1937 sotto l’auspicio
dell'Associazione dell'Arma di Cavalleria (Sezione di Milano).
La vicenda risaliva a circa venti anni prima, quando Ruffo di
Calabria apparteneva alla 91ª Squadriglia da Caccia comandata da Francesco
Baracca.
«
Mi ricordo che Baracca ‑ racconta dunque l'aviatore ‑ era partito in
volo prima di me, ed io qualche minuto dopo, ma in due direzioni opposte, come
usavamo. Dopo mezz'ora di volo, troppe erano le nubi, e poca la visibilità.
Stavo per tornarmene al campo quando, improvvisamente, scorsi lontano, fra una
nube e l'altra, un apparecchio nemico. Ecco la preda ‑ pensai ‑
adesso cercherò di non farmi vedere e di tenerlo d'occhio in maniera che quando
entra nel nostro territorio gli volo addosso, e gli tolgo il vizio di dar noia
alla fanteria, o di curiosare nelle cose di casa nostra. Mi tenevo sulle nostre
linee e qualche volta mi Spingevo SU quelle austriache, con la speranza che
l'avversario, non disturbato da me, si spingesse lui nel nostro territorio, per
poi assalirlo e abbatterlo, come avevo fatto tante altre volte.
« La manovra
durava da più di mezz'ora, ma, con mia
grande disperazione, l'apparecchio che cercavo di tener d'occhio, compariva e
scompariva continuamente in lontananza, fra le nuvole, e non si decideva mai ad
entrare nel nostro territorio: si manteneva anzi sulle linee di confine e quando
io l'avvicinavo, lui se ne andava verso il territorio austriaco. Intanto
pensavo: “Vigliacco, mi hai visto e finché son qua non verrai dalle nostre
parti!”.
« Passò
mezz'ora, ma il mio avversario non cambiò tattica, anzi ... faceva proprio
quello che facevo io: la sentinella sul confine, lontano da me. Passarono ancora
vari minuti di lunga attesa e finalmente, come ombra, tra la nebbia, rividi
quella che poteva essere la mia vittima di quel giorno. Cercai di avvicinarlo e
con somma gioia mi accorsi che anche lui voleva attaccarmi. Più di una volta ci
passammo non troppo lontano l'uno l'altro, ma
senza vederci bene e senza poterci puntare nel cannocchiale, perchè le
nubi ci avvolgevano e ci separavano. Il mio cuore batteva forte, la mia gioia
era grande perchè l'avversario mi aveva visto, e come me, cercava battaglia ...
era uno che non fuggiva!
« Continuavo
a pulire il vetro del collimatore, reso opaco dalla nebbia, più volte avevo
messo l'occhio al cannocchiale, il dito sul grilletto della mitragliatrice; la
visibilità era troppo scarsa, le nubi troppo spesse, ed appena ci scorgevamo
nella foschia, subito ci perdevamo nuovamente ... d'un tratto eccolo, esce da
una nube ... lo vedo e non lo vedo ... l'austriaco punta contro di me ... sta
per sparare indubbiamente, metto l'occhio al collimatore ... vedo e non vedo
... la raffica della mia mitragliatrice parte e l'apparecchio mi viene quasi
addosso delineando, chiara, la sua sagoma a venti vetri da me! ... Credetti di
impazzire! Pensai di suicidarmi! Passandomi accanto avevo scorto
sull'apparecchio il Cavallino Rampante di
Baracca. Picchiai a tutto motore verso il campo nella speranza che le ali mi
partissero e non mi voltai terrorizzato di vedere forse in fiamme l'apparecchio
contro il quale avevo sparato ... che non era austriaco, ma italianissimo.
« Giunto al
campo Dio volle punirmi ancor più della colpa commessa: il megafono dei
telefonisti annunciava che un apparecchio era precipitato in fiamme
sull'altopiano di Asiago ... Credetti d'impazzire! Uscito dalla carlinga,
rimasi seduto in terra con la testa fra le mani, tremando ... avevo ucciso il
mio compagno, il mio maestro, l'idolo di ogni cuore italiano: Francesco Baracca!
».
E più oltre Ruffo di Calabria dice: « Ma il destino non
voleva così, e Baracca quel giorno tornò al campo. Quando lo vidi non credevo
ai miei occhi, non ebbi la forza di andargli incontro, e fu Lui che, dopo aver
parlato di cose indifferenti con altre persone, si avvicinò a me.
‑ Buon giorno Baracca ‑ gli
dissi ‑ hai visto qualcosa?
‑ No ‑ mi rispose.
‑ Ma come! ... non hai visto neanche
un apparecchio austriaco?
‑ No.
‑ Non hai incontrato neanche un
apparecchio nostro?
‑ No.
‑ Ma pensa bene ‑ insistevo
‑ non hai visto proprio nulla, non hai udito nulla?
‑ Nulla.
« Ero dunque
veramente impazzito?
« Oggi, dopo
tanti anni, rivedo il caro volto di Francesco Baracca sorridermi, finalmente,
lieto di scherzare, e sento ancora la sua voce, naturale come sempre, dirmi con
tranquillità:
‑ Caro Fulco, un'altra volta se mi
vuoi buttar giù, tira un paio di metri più a destra ... e adesso andiamo a
bere, e non ne parliamo più.
« Mi raccontò
più tardi che anch'egli aveva scambiato, per un momento, il mio per un
apparecchio austriaco, ed aveva fatto le stesse manovre che avevo fatto io. Alla
fine “come me” aveva deciso di attaccare a qualunque costo il nemico ...
solamente, all'ultimo momento, Lui, più calmo di me, si era accorto
dell'errore, e non mi aveva sparato! ».
**********
Un
abbaglio del genere (in cui del resto era incorso lo stesso Baracca) era allora
del tutto giustificato, per diversi motivi, quali la somiglianza strutturale
dei velivoli da caccia italiani e austriaci, l'impossibilità di distinguere,
sotto determinate angolazioni, i contrassegni di nazionalità dipinti sui piani
alari e sul timone di direzione. Possiamo anche aggiungere il disagio in cui
volavano i piloti da caccia, annidati com'erano entro angusti abitacoli, da cui
la visibilità, specie nel settore antistante, era limitata dalla stessa
architettura delle macchine (cellule biplane, con montanti e crociere). Non va
dimenticato infine che i piloti affrontavano allora le alte quote, senza
combinazioni elettroriscaldate, senza respiratori di ossigeno, e avvertivano
quindi i noti sintomi dell’anossia: senso di torpore, riflessi più lenti,
restringimento del campo visivo, ed altri disturbi che menomavano la loro
efficienza fisica, non meno delle loro facoltà psico‑nervose.
Ruffo di Calabria, come s'è visto, apparteneva in quel
periodo alla leggendaria Squadriglia del « Cavallino Rampante », la 91ª,
comandata dall’Asso degli Assi dell’Aviazione da Caccia Italiana:
era già un famoso campione del duello aereo, con sei apparecchi abbattuti.
Aveva trentatré anni, quattro di più di Francesco Baracca.
Ma per mettere a fuoco la figura di questo eccezionale
soldato dell'aria, sarà bene ricordare gli eventi e gli episodi più
significativi della sua esistenza pre ‑ bellica.
**********
Fulco di Calabria era nato a Napoli il 18 agosto 1884. Discendeva da
un'antica famiglia principesca, era settimo duca di Guardia Lombarda. Il
padre, Don Beniamino, un gentiluomo tutto di un pezzo di vecchio stampo,
aveva occupato per anni la carica di Sindaco della città partenopea. La
madre, Laura Mosselman du Chenoi, era di nobile famiglia belga. Fulco crebbe in un ambiente familiare affettuoso, ma severo, fu educato secondo quei principi di cui oggi, anche nelle famiglie patrizie, si è perduto il seme: devotissimo ossequio per i genitori, rigoroso rispetto della forma, vita disciplinata, senso dell'onore come una seconda religione. Ma l'esistenza chiusa, routinière, priva d'imprevisti in cui vivevano i nobili del tempo, non si confaceva all'indole irrequieta del giovane principe, alla sua ansia per una vita dinamica e ricca di avventurose esperienze. Cosicché dopo aver preso la licenza liceale e compiuto un anno di servizio volontario, a Foggia, nell'II° Reggimento di Cavalleria, s'imbarcò per l'Africa in veste di agente prima, e poi come Vice ‑Direttore di una Società Italo ‑Belga per la navigazione e il commercio sul fiume Giuba. |
In
Africa oltrechè occuparsi di questioni commerciali, partecipò a spericolate
partite di caccia grossa, a impegnative spedizioni in zone non ancora esplorate.
E visse, così come aveva sognato da ragazzo, romanzesche avventure. Soffrì
la fame e la sete. Corse dei rischi mortali. « Ieri notte ‑ annotava nel
diario in data 29 aprile 1912 ‑ sono stato, credo, molto ammalato. Il mio
boy mi assicura che ho delirato fino all'alba. Anche adesso ho una forte febbre
che non accenna a diminuire, nonostante tutto il chinino preso. Ho l'impressione
di morire. Se è la famosa malattia che hanno al Congo, sono liquidato. Posso
andarmene in tre giorni. Sono il solo bianco della regione ».
E più oltre, nello stesso diario, scriveva: « Il mio
compagno De Marneff è caduto nel fiume, e solo oggi abbiamo ripescato una parte
del suo corpo, il resto se lo sono mangiato i coccodrilli».
Dall'Africa il futuro asso da caccia rimpatriò una prima
volta per battersi in gran fretta al duello: « Due giorni a Napoli ‑
scrive in proposito ‑per procurarmi i vestiti, due a Roma per battermi e
sciabolare il mio avversario, un biglietto di andata e ritorno a Bruxelles e
all'Aja per abbracciare la famiglia e gli amici poi ritorno immediato in Colonia
».
Rimpatriò una seconda volta, nel 1914, per cercare in Italia
e nel Belgio i finanziamenti con cui fondare, in proprio, in Africa una società
commerciale, e reperiti i fondi già era sulle mosse di ripartire, allorchè
divampò in Europa la guerra.
Rimase. Arruolatosi di nuovo in Cavalleria, così come altri
non pochi ufficiali della stessa Arma, fra cui Baracca, venne attirato
dall'aviazione. Attrazione istintiva. Sentì quanto più congeniale fosse al
suo temperamento combattere a bordo di un aeroplano, che non in arcioni ad un
cavallo.
Fu inviato alla Scuola di Pilotaggio di Mirafiori (Torino),
poi a quella di Pisa, ove completò l'istruzione sul Blériot –8o.HP,
un apparecchio tranquillo, di facile governo, di eccellenti prestazioni.
Appena ottenuto il brevetto di pilota (agosto 1915) Ruffo di
Calabria volle subito cimentarsi nelle più complesse evoluzioni acrobatiche:
avvitamenti, scivolate d'ala, cadute a « foglia morta », loopings (allora
pittorescamente chiamati cerchi della morte). Ma non era ancora abbastanza
esperto per una corretta esecuzione di codeste manovre, e più volte corse
l'alea di schiantarsi contro terra. Un giorno tornò al suolo con le ali del Blériot
svergolate per le violente sollecitazioni cui le aveva sottoposte in seguito
ad un prolungato avvitamento.
Nelle scuole di pilotaggio del tempo non venivano impartite,
agli allievi, lezioni di acrobazia a doppio‑comando: la funzione degli
istruttori si limitava a trasformare con la massima sollecitudine un giovane,
che nove volte su dieci non aveva mai visto da vicino un aeroplano, in un pilota
capace, per così dire, di volare di stretta misura, cioè senza recar danno a sè
e al materiale di volo, o scassando il minor numero di apparecchi possibile. E
se un allievo dimostrava una particolare sensibilità manovriera,
spregiudicatezza e disposizione per i funambolismi aerei, non per questo si
provvedeva a utilizzarlo come pilota da caccia. La selezione attitudinale era
ancora una frase vuota di senso. Duellatori in nuce, com'erano Ruffo di
Calabria, Scaroni, Baracchini ed altri, tardarono a ottenere l'abilitazione su
aerei da caccia, che pur si adattavano alle loro personalità come un guanto
alle dita di una mano.
**********
Il
28 settembre 1915
Ruffo di Calabria divenne «
pilota aviatore in servizio di guerra », e il I° ottobre era in zona
operativa, assegnato alla IV Squadriglia di Artiglieria.
Il compito principale svolto dalle « Squadriglie
di
Artiglieria » consisteva nell'aggiustare, dall'alto, il tiro delle
batterie campali a lunga gittata, e nell'eseguire ricognizioni fotografiche e a
vista, nelle retrovie nemiche. Per tale attività veniva impiegato il Caudron
– G.3, un biplano a carlinga di tipo già surclassato all'inizio delle
ostilità, ma che rimase in linea fino al termine dell'anno seguente.
L'equipaggio si componeva di pilota e di osservatore. Sviluppava una velocità
di appena Ioo chilometri orari, era disarmato perchè, data la scarsa potenza
motrice, bisognava scegliere fra il peso della stazione radio e quello della
mitragliatrice. Non basta: discontinua era l'efficienza di quegli apparecchi per
carenza di materiali di ricambio, di personale specializzato e di attrezzature
tecniche nei campi di volo.
Sin dal primo giorno di guerra Ruffo di Calabria mise in luce
quelle sue qualità che gli consentiranno, più oltre, di
collocare il suo nome nella rosa dei massimi cacciatori della prima
conflagrazione mondiale: destrezza aviatoria, ardente slancio combattivo e
assoluta noncuranza del rischio.
Incominciò ben presto a distinguersi : il 12
novembre 1915, a distanza di
poco più di un mese dal debutto come pilota di guerra, si meritava un elogio
per una missione esplorativa compiuta a poche centinaia di metri, sotto il
nutrito fuoco avversario, sul Basso Isonzo. E l’11 febbraio 1916, nonostante
il forte vento a raffiche e l'aggiustato tiro nemico che colpiva il suo
apparecchio per ben undici volte, persisteva a volare sopra una batteria austriaca
da 305, consentendo così alle nostre artiglierie di localizzarla e di distruggerla.
Per le due azioni gli venne assegnata una medaglia di Bronzo al Valor Militare.
Ruffo di Calabria rimase alla IV Squadriglia di Artiglieria
poco più di tre mesi, precisamente fino al 26 gennaio 1916. Trasferito ad altro
reparto del genere (la II Squadriglia), continuò a sfidare, a bordo del lento e
vulnerabile Caudron, la reazione contraerea nemica quantunque di giorno in giorno
divenisse più intensa e precisa.
Fra i parecchi voli bellici di questo periodo va rammentato
quello dell'8 aprile 1916, per il quale il futuro asso si ebbe una seconda
Medaglia di Bronzo al Valor Militare.
**********
L'aspirazione di diventare pilota
da caccia dominava la mente di Ruffo di Calabria sin dalle prime settimane di
guerra, ma per un complesso di ragioni che troppo lungo sarebbe dire, non potè
essere appagata se non ai primi di maggio del 1916.
Fu inviato al Campo
d'aviazione di Cascina Costa, nella brughiera di Gallarate, ove allora aveva
sede una Scuola di Volo
per l'abilitazione al pilotaggio del Nìeuport‑Bebè, un
biplano costruito su licenza dalla Società Aeronautica Macchi, e denominato
appunto Bebè o Nieuportino
per le sue ridotte dimensioni.
Munito di un motore GnÛne
da 8o HP sviluppava una massima velocità di 155 chilometri l'ora, aveva una
tangenza pratica di 5000 metri,
un'autonomia di circa due ore.
Il Bebè, poi costruito
in altre versioni migliorate, fu il primo vero caccia della nostra Aeronautica
militare; assieme all'Hanriot equipaggiò
la maggior parte delle
squadriglie fino al termine delle ostilità, e per le sue eccellenti doti di
maneggevolezza colse molti brillanti successi.
Per Ruffo di
Calabria l'istruzione su
questo apparecchio, fra doppi ‑comandi, prove di brevetto e addestramento
delle armi di bordo, durò poco più
di due mesi. Il 28
luglio 1916 era di nuovo al
fronte, incorporato nella 70ª
Squadriglia da Caccia.
Egli rivestiva in quei giorni il grado di Tenente di
Complemento di Cavalleria, e come ogni altro ufficiale aviatore della prima
guerra del mondo, sebbene inserito nel Corpo Aeronautico, continuava a indossare
l'uniforme dell'Arma di provenienza, alla quale in certo senso non cessava di
appartenere.
Militando in Aviazione Ruffo, fedele all'antica tradizione
guerriera della sua Arma, veramente combattè con l'animo del « cavaliere che
getta il suo cuore oltre l'ostacolo », ma questa virtù non gli avrebbe da sola
consentito di collocare il suo nome nei primi posti dell'elenco ufficiale degli
assi, se non fosse stata congiunta ad un'eccezionale perizia e sensibilità
aviatoria, mira infallibile, tempestività nello sferrare gli attacchi.
Anche sul piano fisico egli incarnava la figura‑tipo
del cacciatore: alto, esile, vivace, capelli e occhi neri, una vivida luce nel
fondo delle pupille, il profilo tagliente, da uccello d'alta quota. Ma veniamo
ai fatti.
Appena ventisei giorni dopo l'esordio come pilota da caccia
(il 23 agosto
1916) Ruffo di Calabria abbatteva il primo velivolo nemico. Il 16
settembre efficacemente
concorreva alla distruzione di un secondo apparecchio.
Di quest'ultimo combattimento ci è giunta una dettagliata
descrizione attraverso un vecchio numero di « Nel Ciclo », una delle rare
riviste d'aviazione dell'epoca. Ne riportiamo qualche passo:
« Il 16 settembre 1916 un LØhner austriaco da segnalazione di artiglieria, volava nel cielo fra Monte Stol e Monte Starieski, noncurante del fuoco delle nostre batterie antiaeree. Contemporaneamente volavano in quella zona due nostri cacciatori, uno dei quali era Baracca, l'altro Ruffo di Calabria, da poco tempo pilota di Nieuport. I nostri aviatori gli si slanciarono addosso, impegnando il combattimento. Furono scambiate varie raffiche di mitragliatrice: l'aeroplano austriaco si difendeva con somma maestria. Poi sopraggiunse un terzo Nieuport pilotato da Olivari, ma ormai per il nemico era finita perchè la mitragliatrice di Ruffo già gli aveva rovesciato addosso un'altra raffica che investì e uccise il pilota. | Ruffo di Calabria insieme al comandante del "cavallino rampante" Francesco Baracca, a colloquio dopo l'abbattimento di un aereo nemico. |
«
Poichè il LØhner,
abbandonato a se stesso, cadeva giù come un peso morto, l'osservatore austriaco
provò a impossessarsi delle leve di comando per rimettere l'apparecchio in
linea di volo. Ma il corpo del compagno l’imbarazzava. Si vide che
l'osservatore faceva uno sforzo disperato per tirar su il morto e poter
afferrare le leve: lo scosse e gli si avviticchiò. Tutto fu inutile.
L'aeroplano non aveva più direzione e precipitava a zig zag. Con uno sforzo
supremo l'osservatore giunse con una mano alla leva. E per un momento la
caduta dell'aeroplano si arrestò. Era a 8oo metri, e intorno volteggiavano
sempre i tre cacciatori italiani, pronti a riprendere il fuoco. Poi anche quella
manovra fallì, e l'apparecchio cominciò a fare un giro su se stesso, una, due,
tre volte. In certi momenti l'aeroplano sostava un istante, poi tornava a
precipitare. Infine l'apparecchio venne giù con veemenza, andando a sbattere a
metà costa sul Monte Stol. L'osservatore fu estratto dai rottami incendiati del
velivolo: era mortalmente ferito, e tuttavia trovò, poi, la forza di raccontare
all'ospedale la sua tragica avventura.
« Appena
tornati a terra ‑ conclude l'autore dell'articolo ‑ Baracca, Ruffo e
Olivari, sollecitamente si recarono sul posto ove era caduto l'aeroplano: vi
pervennero mentre alcuni infermieri stavano componendo la salma del pilota sopra
una barella, ed altri infermieri e un medico apprestavano le prime cure al
ferito.
- C'è qualche speranza? ‑ chiese
Baracca.
- Si. Se riusciremo a trasportarlo alla
svelta all'ospedale riuscirà forse a cavarsela.
‑ Poveri giovani ‑ disse
Baracca rivolgendosi a Ruffo e a Olivari ‑ma è la guerra! ».
Questa volta la spietata legge della guerra aveva falciato
uno dei protagonisti di quello scontro aereo; più avanti non risparmierà due
altri partecipanti al medesimo scontro:
Luigi Olivari, asso dalle 12 vittorie, perderà infatti la vita in combattimento
il 13 ottobre 1917, e Francesco Baracca soccomberà il 18
giugno 1918.
Trascorsa una settimana Ruffo di Calabria attacca e abbatte
un altro velivolo, e con questa vittoria, cui vanno aggiunti cinque duelli aerei
e numerosi voli di crociera e di scorta ai nostri bombardieri, si chiude, nel 1916, la sua attività di cacciatore.
**********
Ma qui giunti
converrà aprire una parentesi, onde rendersi conto delle difficoltà in cui
dibattevasi allora, in senso strettamente tecnico e operativo, la nostra
aviazione da caccia.
Inesistente, la
specialità, all'inizio della guerra (24 maggio 1915)
la sua prima apparizione si ebbe circa tre mesi dopo, con la costituzione di
una squadriglia di Nieuport biposto (l'apparecchio era chiamato Nieuporto-
18 metri, in quanto la sua
superficie alare era appunto di 18 metri quadrati). Il
velivolo non disponeva di mitragliatrice e l'osservatore, attraverso un'apertura
praticata nel piano dell'ala superiore, si sporgeva e sparava con un moschetto
sul l'avversario. Gli scarsi risultati ottenuti, consigliarono di sostituire il
moschetto con una pistola ‑ mitragliera bicanna, tipo Revelli, installata
sul piano dell'ala superiore e manovrabile da parte dell'osservatore. Ma poichè
l'apparecchio era troppo pesante per raggiungere in quota l'avversario in tempo
utile, si rinunciò ben presto all'osservatore. Anche la nuova versione, a
motivo soprattutto delle frequenti avarie alla pistola‑ mitragliatrice,
alla difficoltà di caricarla in volo e al primitivo sistema di puntamento, non
dette risultati apprezzabili.
Verso la fine del 1915 venne adottato, in
funzione di aerocaccia, per la difesa di Brescia e di Verona, l'Aviatik,
grande
biplano a due posti, realizzato in Germania e riprodotto in Italia su licenza.
Il SUo armamento consisteva in una mitragliatrice Fiat rigidamente applicata
sull'ala superiore, e in due mitragliere mobili laterali sistemate all'altezza
dell'abitacolo dell'osservatore. A stento l'aereo toccava i 3.000 metri, la
sua velocità orizzontale inoltre era di 15
‑ 20 chilometri più bassa di quella delle macchine antagoniste.
Messo in disparte anche l'Aviatik,
passarono ancora quattro mesi avanti che nascesse una
specialità ‑ caccia degna di questo nome: ciò avvenne nella primavera
‑estate del 1916, con l'adozione del Nieuport‑Bebè,
derivato dal biposto anzidetto (altrimenti definito Nieuport‑I3
metri).
Il «Bebè» era armato da una mitragliatrice Lewis
fissa sull'ala superiore, era fornito di un'eccellente cannocchiale di
puntamento, e, come si è dianzi accennato, in grado di sviluppare una velocità
dì 155 chilometri orari. Squisite, infine, erano le prestazioni del velivolo.
Col
Nieuport‑Bebè,
il 7 aprile 1916, Baracca
coglieva, nel cielo di Medeuzza, la sua prima vittoria.
Al momento in cui Ruffo di Calabria iniziò a combattere come
pilota da caccia, nessuno avrebbe potuto istruirlo sulla miglior tattica del
combattimento aereo, per la semplice ragione che le prime raffiche di
mitragliatrice, fra i nostri velivoli e quelli austriaci, erano state scambiate,
in un vero e proprio duello aereo, soltanto
tre mesi e mezzo prima con armi che non sparavano attraverso il disco di
rotazione dell'elica. Solo nell'ultimo anno di guerra i cacciatori neofiti
potevano attingere dai cacciatori anziani qualche lume SUl miglior modo di
condurre un combattimento aereo. Talvolta essi venivano empiricamente
addestrati, ma nel ciclo nemico. L'esordiente cioè effettuava le sue prime
missioni ( voli -caccia, voli ‑ scorta, mitragliamenti e
lancio di spezzoni a bassa quota) come pattugliere di un pilota esperto.
Ruffo di Calabria, ripetiamo, senza esperienza e senza
scuola, immediatamente emerse come un cacciatore di alta classe. Ma seguiamo
la sua ascesa in ordine cronologico.
Dopo i tre vittoriosi combattimenti di cui s'è detto, le
pessime e persistenti condizioni meteorologiche sull'intero fronte, ridussero
l'attività aerea ai minimi
termini. I velivoli del tempo non erano strumentati per volare, come si usa
dire, alla cieca, e lo stesso dicasi per gli aeroplani nemici: pertanto
levarsi in volo con il cielo offuscato dalla nebbia, o ammantato di una coltre
di nubi basse, più che un'impresa irta di
difficoltà e di rischi, era una spavalderia inutile.
L'ultimo scontro aereo avuto dal nostro principe ‑
aviatore, avvenuto nel 1916, fu quello del 29 dicembre: attaccato su Monfalcone
un Albatros da ricognizione, lo
costringeva in breve ad una precipitosa fuga.
Questo tipo di apparecchio quantunque più pesante e meno
manovriero del Niueport- Bebè, era un osso duro. Equipaggiato di un
potente motore (da 160 e 185 HP, a seconda delle versioni) e munito di
due mitragliatrici a tiro rapido, si difendeva egregiamente, e quand’era messo
alle strette riusciva agevolmente a sganciarsi con una forte picchiata a tutto
gas.
L'anno di grazia di Ruffo di Calabria fu il 1917. Il I°
gennaio nel cielo di Sagrado, si lancia addosso ad un Albatros, lo annaffia di proiettili e lo costringe a ritirarsi
nelle proprie linee; nello stesso giorno, su Monfalcone, dopo un breve
combattimento, abbatte un aereo. Trascorsa una settimana, centra con una raffica
un altro Albatros, che si allontana
senza far ritorno. E nel tardo pomeriggio
del 26 gennaio, a breve distanza l'uno dall'altro, ingaggia
due duelli ‑aerei: il primo su Cormons e l'altro su Capriva, ma non riesce
a portare a termine le due azioni a causa dell'inceppamento dell’arma.
Nel mese di febbraio Ruffo di Calabria s'impegna a fondo in
cinque scontri: in quattro di essi costringe l'avversario a battere in ritirata,
nel quinto, di nuovo per avaria alla mitragliatrice, è
costretto a desistere.
In primavera, col miglioramento delle condizioni
atmosferiche, le missioni dell’instancabile cacciatore si susseguono, di
giorno in giorno, a ritmo più incalzante. Egli è sempre il primo a spiccare il
volo, sovente si offre di sostituire, nei turni operativi, questo o quel collega
di squadriglia. « Prendo il tuo posto ‑ dice ‑ tu sei ammogliato ed
io scapolo. E' meglio che vada io ». Nell'aprile ‑ maggio sostiene ben 26
combattimenti aerei, e abbatte quattro velivoli.
Particolarmente duro è il match del 20 maggio. « Oggi il
Ten. Ruffo di Calabria - si legge in un succinto rapporto compilato
nell'occasione ‑ dopo aver sostenuto due lunghi combattimenti aerei, il
suo apparecchio veniva colpito da un terzo velivolo nemico e così gravemente
danneggiato da non potersi più usare in squadriglia. Era colpito: da una
pallottola nella parte anteriore della capote che attraversava il radiatore,
il serbatoio della benzina (che veniva squarciato), uscendo poi nella base
antivibrante della macchina fotografica; da una seconda pallottola che entrava
nella fusoliera, a pochi centimetri dalla gamba del pilota, e usciva di sotto la
fusoliera; da una terza pallottola che entrava pure nella fusoliera ... » ;
eccetera. (Seguono le dettagliate descrizioni dei danni prodotti dalle altre
pallottole, una delle quali « scheggiava gravissimamente il
longherone posteriore e spezzava la crociera nell'interno dell'ala,
danneggiando anche varie centine»).
E' incredibile come un velivolo lesionato al punto da esser
poi dichiarato fuori uso », sia potuto tornare al suolo. Certo, riferito a
questo episodio, il noto proverbio fortes fortuna adiuvat
non fu scritto invano, ma oltre la fortuna contribuirono a far tornare al suolo
indenne il pilota, la sua maestria ed il suo eccezionale sangue freddo.
Di ciò si ebbe nuova conferma nel duplice combattimento del
30 maggio 1917, durante cui ... « metteva in fuga due avversari, ma veniva
attaccato alle spalle da un terzo velivolo, il quale mediante una pallottola
esplosiva produceva al suo apparecchio un grave squarcio nell'alerone sinistro,
produceva altresì lo sbandamento del medesimo apparecchio, e difficilissimo il
suo rientro al campo. L'apparecchio infine veniva colpito nel montante dell'ala
destra, e riportava la rottura della crociera metallica centrale del montante di
destra ».
I componenti della Squadriglia degli assi (91ª) con Baracca; Ruffo di Calabria è il sesto da sinistra. |
Va rammentato a questo punto che l'intenso ciclo operativo di cui ci siamo ora occupati, venne in parte compiuto da Ruffo di Calabria quale subalterno della 70ª Squadriglia da Caccia, e in parte (dal I° maggio 1917), come subalterno dell’ormai leggendaria 91ª Squadriglia da Caccia comandata da Francesco Baracca. Apparteneva alla stessa 91ª uno staff di altri grandi cacciatori, quali Ferruccio Ranza, destinato ad occupare nella graduatoria ufficiale degli assi il 6° posto, con 17 vittorie; Luigi Olivari, con 12 vittorie; Gastone Novelli, con 8 vittorie; Cesare Magistrini, Bortolo Costantini e Guido Nardini, con 6 vittorie. Si aggiungano i nomi di De Bernardi, Bacula, D'Urso, Keller, che non hanno bisogno di commento. |
Sin verso la metà
del 1917, i piloti da caccia italiani, per quanto fortemente contrastati da
quelli austriaci, riuscirono ad assicurarsi una decisa supremazia aerea. Ma più
oltre, specie dopo il crollo del fronte terrestre russo, una consistente
aliquota dei reparti di volo colà schierati, fu trasferita sul fronte italiano.
E la supremazia passò, per qualche tempo, in mano al nemico.
Proprio mentre si accrescevano le difficoltà e i rischi
degli scontri aerei, fra il 14 e il 25 luglio, caddero sotto le raffiche di
Ruffo di Calabria, sette apparecchi avversari : un rècord, a nostri memoria,
non ancora superato.
Epico fu il combattimento del 20 luglio, su cui
si diffuse a lungo la stampa del tempo. L'asso era in volo di crociera,
allorchè il motore incominciò, come si
dice in gergo, a rattare, ossia a perdere dei colpi. Attimi dopo egli scorse
lontano, ad una quota leggermente inferiore alla sua, una formazione di cinque
apparecchi austriaci. Chiunque altro, nei suoi panni, data la superiorità
numerica nemica resa più schiacciante dal proprio handicap tecnico, avrebbe
giudicato una follia sferrare l'attacco. Ruffo di Calabria, all'opposto, non
ci pensò su due volte. Decise di attaccare. Si studiò dapprima di guadagnare
qualche centinaio di metri di quota, e poi, mentre la pattuglia nemica sfilava
sotto le sue ali, si tuffò a pieno motore. « Impennavo l'apparecchio ‑
scrisse due giorni dopo nel diario ‑ per aggiustare la mira e far fuoco, ma il motore continuava
i rattare, e il mio aereo non si sostentava nell'aria. Loro, intanto, mi si
erano rivoltati contro tutti insieme. . . ».
E
più innanzi conclude: « Sono
finalmente riuscito a colpire il primo apparecchio nonostante facesse capriole
pazzesche. Ho poi centrato il secondo, che ha incominciato a bruciare alla prima
scarica: erano due torce che rigavano il cielo. Gli altri sono scappati ».
Egli combatteva ora a bordo dei nuovo aerocaccia Spad‑
VII, adotta dalla 91ª Squadriglia qualche mese prima. Costruito in Francia,
e dalla Francia direttamente importato in Italia, lo Spad‑ VII fu
il miglior velivolo da caccia alleato della prima guerra mondiale. Sviluppava
una massima velocità di 205 chilometri l'ora saliva a 4.000
metri in 16 minuti e mezzo, aveva un’autonomia di circa tre ore e una
tangenza pratica prossima ai 5.ooo metri.
Inizialmente munito di una sola mitragliatrice, ebbe poi
stabilmente due armi che sparavano attraverso il disco dell'elica. Fu l'aereo
preferito dai nostri maggiori assi perchè manovriero, veloce e ottimo
incassatore.
Ancora a proposito
dello Spad‑ VII va detto che gli esemplari approvvigionati
consentirono solo parzialmente lo svecchiamento delle nostre squadriglie da
caccia. Nel contempo anche l'aviazione nemica aveva adottato apparecchi da
caccia di modello più avanzato.
Il
13
agosto 1917 Ruffo di
Calabria, già pluridecorato e ormai famoso anche fra il gran pubblico come
infallibile cavaliere del cielo, veniva promosso Capitano. La precedente
promozione al grado di Tenente in Servizio Attivo Permanente, l'aveva ottenuta
per merito di guerra.
**********
Dopo
il crollo del fronte russo, come si è visto più sopra, il predominio aereo
passò in mano al nemico. Peggiorò la situazione durante gl'infausti giorni di
Caporetto (lo sfondamento del fronte ebbe luogo il 23
ottobre 1917), ma l'aviazione italiana sopperì all'inferioritá numerica
impegnandosi nella lotta con uno slancio così generoso da guadagnarsi l'alto
elogio del Comando Supremo: « Gli aviatori prodigatisi instancabili ‑
dice il Bollettino del I° novembre 1917 ‑ meritano sopra tutti
l'ammirazione e la gratitudine della Patria ». Nei primo mese deIl'offensiva
caddero sotto il tiro dei nostri cacciatori 53 velivoli nemici, di cui 19 in territorio da noi controllato.
Fra gli aviatori « prodigatisi instancabili » vi erano in
testa quelli del reparto guidato da Baracca. Ruffo di Calabria, come sempre,
si distinse, sia nel combattimenti, come nei mitragliamenti e nel lancio degli
spezzoni a volo radente.
Esauritasi la
spinta nemica, vi fu un periodo di stasi in ogni specialità della nostra
aviazione: aeroplani e uomini, sopravvissuti alla bufera, erano stati sottoposti
ad uno stress tale da imporre una battuta di arresto.
Verso la fine di dicembre, sempre del 1917, Ruffo di Calabria
quale membro di una commissione di esperti,
cui facevano parte Baracca e Piccio, lasciò per qualche tempo il fronte per
presenziare al collaudo di un nuovo apparecchio da caccia, l’A.I ‑
« Balilla» (che i tre assi dovevano anche provare in volo), costruito dal Cantieri
Aeronautici Ansaldo.
Di concezione e realizzazione interamente italiana, e di
eccellenti caratteristiche, l'apparecchio fu prodotto in serie in ritardo.
Soli pochi esemplari furono avviati al fronte.
Tornato in linea Ruffo di Calabria riprese a operare con lo
stesso ritmo e la stessa foga dei primi giorni : erano voli di scorta ai
bombardieri Caproni, volo di crociera
e di caccia, voli di mitragliamento e spezzonamento, voli di
ricognizione.
Fra il 20 maggio e il 15 giugno 1918, il Nostro abbatte
ancora due velivoli. Il 19 giugno
‑ giorno in cui Francesco Baracca cadeva sul Montello durante un'azione di
mitragliamento ‑ troviamo segnati nel prospetto dei voli di guerra di
Ruffo di Calabria, tre voli, di cui uno di 90, uno di 80 e uno di 60 minuti,
alle rispettive quote di 3‑000, 3.500, 500 metri, con le seguenti
esplicazioni, nell'ordine: « Crociera offensiva sulle truppe nemiche del Montello
» ‑ « Volo su allarme » ‑ « Mitragliamento delle truppe nemiche
sul Montello».Nella tragica giornata in cui l'Aeronautica Italiana
perdeva il suo più illustre campione, Fulco Ruffo di Calabria rimase in aria
per quasi quattro ore, al di sopra delle linee del Piave, ove ardeva la
battaglia decisiva della guerra. E fra il 24 e il 20 giugno distruggeva due
altri apparecchi nemici.
Scomparso
Baracca egli ne raccolse l'eredità: fu nominato Comandante della Gloriosa 91ª
Squadriglia da Caccia. In un solo mese (siamo sempre al mese di
giugno), il prodigioso pilota compie 23 missioni belliche: i camerati, i
subalterni del suo reparto si chiedono da quale fonte, Lui, uomo di esile
complessione, di salute delicata, attinga l'energia per reggere ad una così
massacrante fatica.
E
sino all'ultima ora di guerra vola,
combatte con immutato ardore, mette a repentaglio la vita. Il 20 ottobre 1918,
cinque giorni prima che l'Austria firmasse a Villa Giusti i patti di
armistizio con l'Italia, mentre effettua un ennesimo mitragliamento a volo
radente sulle trincee nemiche, raffiche di mitragliatrice squarciano il
serbatoio del suo Spad. E'
costretto a scendere, fra un grandinare di altri proiettili, nelle linee
austriache. Ma appena toccato il suolo, fugge, riesce a sottrarsi alla cattura e
a raggiungere le nostre posizioni. E pervenuto al campo d'aviazione aggiunge
ancora un volo, l'ultimo volo di guerra ( 2 novembre 1918) al suo mirabile
curriculum vitae di combattente del cielo.
Gli vennero ufficialmente
attribuite, fra velivoli abbattuti da solo, e quelli abbattuti con altri
cacciatori, venti vittorie aeree.
Il suo nome, nella graduatoria ufficiale degli assi da caccia, compilata in zona di guerra il 1° febbraio 1919, e
firmata dal Comandante Generale d'Aeronautica Luigi Bongiovanni, venne
collocato al quarto posto, un posto di
grande onore in quanto la sua attività di cacciatore ebbe inizio
verso la fine di luglio del 1916, cioè oltre un anno dopo lo scoppio
della guerra. Ruffo di Calabria, non ci stancheremo di dirlo, fu un grande soldato dell'aria. Ebbe un senso ascetico del dovere, raggiunse in brevissimo tempo, come pilota da caccia, una maestria superba, sostenne cinquantatrè combattimenti rischiando ogni volta la vita, combattè col valoroso e generoso piglio di un antico cavaliere. |
Gli assi in una stampa dell'epoca, dove il capitano Ruffo di Calabria figura al terzo posto; nella graduatoria finale della 91 ª squadriglia confermerà tale posizione, mentre in quella generale risulterà quinto, con venti vittorie omologate. |
Fra
gli episodi che testimoniano la nobiltà del suo animo, ne ricorderemo uno. Dopo
accanito duello, sopraffatto l'avversario, lo segue spiralando nella caduta e
atterra nei pressi ove quello si fracassa al suolo. E soccorre l'aviatore
ferito, e gli appresta le prime cure, e lo accompagna all'ospedale. Qui giunto
l'austriaco, da un portafoglio lacerato dalle pallottole e intriso di sangue,
estrae una fotografia: « E' di mia madre ‑ dice ‑ vorrei farle
sapere che sono vivo ». Ruffo di Calabria lo aiuta a scrivere una lettera, e
avuta la lettera, la chiude in una custodia metallica e col suo apparecchio la
lascia cadere, da bassa quota, sulle linee nemiche.
Il
4 dicembre 1918 Ruffo di Calabria assumeva il Comando Interinale del 14° Gruppo
Caccia; nel febbraio dell'anno seguente era destinato al Comando Formazione
Squadriglie di Torino. Successivamente, pago di aver dato all'Italia e
all'Aviazione Italiana, la parte migliore di sè, rientrava nell'Arma di
Cavalleria, quindi tornava alla sua attività privata.
Gli vennero conferite le seguenti decorazioni :
‑ una Croce di Cavaliere dell'Ordine
Militare di Savoia;
‑ una Medaglia d'Oro al Valor
Militare;
‑ due Medaglie d'Argento al Valor
Militare;
‑ quattro Medaglie di Bronzo al
Valor Militare;
‑ più diverse decorazioni
straniere.
La Medaglia d'Oro gli fu
personalmente consegnata da Vittorio Emanuele III, assieme a Baracca e a
Piccio, in Milano, all'inizio del 1918.
DECORAZIONI CONFERITE A FULCO RUFFO DI CALABRIA
MEDAGLIA
D'ORO AL VALOR MILITARE ‑ D.L. 5 maggio 1918.
Capitano
di Cavalleria, addetto ad un Comando di Aeronautica di Armata.
«Dotato di elette virtù militari, pilota da caccia d'insuperabile ardire, provato in ben cinquantatrè scontri aerei, con spirito di sacrificio pari al suo valore, continuò a cercare la vittoria ovunque la poteva trovare. In due mesi fece precipitare quattro apparecchi avversari sotto i suoi colpi sicuri. Il 20 luglio 1917, con incredibile audacia, assaliva da solo una squadriglia compatta di cinque velivoli nemici, ne abbatteva due e fugava i superstiti. Mirabile esempio ai valorosi ». (Cielo di Castagnevizza, 14 luglio ‑ Cielo di Tolmino, 17 luglio ‑ Cielo di Nova Vas, 20 luglio 1917).
**********
CAVALIERE
DELL'ORDINE MILITARE DI SAVOIA ‑ R.D. 10 settembre 1918.
Capitano
di Cavalleria, Corpo Aeronautico.
« Dall'inizio della guerra in ininterrotto servizio come pilota, come comandante di squadriglie da caccia e come comandante di gruppo di squadriglie da caccia, ha reso all'Esercito infiniti preziosi servizi. Animato dal più puro amore di Patria, eletto esempio sempre ai suoi dipendenti, esecutore e organizzatore esemplare, ha saputo con instancabile attività ottenere dai mezzi messi al suo comando, il più completo rendimento. Nobile esempio come sempre di valore individuale, ha abbattuto, nell'ultimo periodo della guerra 7 apparecchi nemici ». (1915 ‑ 1918).
**********
MEDAGLIA
D'ARGENTO AL VALOR MILITARE ‑ D.L. 15 marzo 1917.
Tenente
di complemento di Cava11eria, Battaglione Squadriglie Aviatori.
« Pilota aviatore addetto a una squadriglia di aeroplani da caccia, con sereno sprezzo del pericolo e grande sangue freddo, dando prova di molta perizia aviatoria, affrontava arditamente potenti aeroplani nemici, riuscendo col fuoco della propria mitragliatrice a determinare la precipitosa caduta di un velivolo avversario in territorio nemico fra Bucovina e Ranziano, e concorrendo efficacemente all'abbatti mento di un altro in territorio nazionale, a Creda presso Caporetto ». (Cielo di Gorizia, 23 agosto 1916 ‑ Cielo di Caporetto, 16 settembre 1916).
**********
MEDAGLIA
D'ARGENTO AL VALOR MILITARE CONFERITAGLI SUL CAMPO e
sanzionata con D.L. 20 gennaio 1918.
Tenente
di Cavalleria, Corpo Aeronautico Militare.
« Arditissimo pilota da caccia, dava continue prove di valore, attaccando numerosi e ben armati velivoli nemici, ed abbattendone 5 in breve periodo di tempo, malgrado il suo apparecchio fosse più volte danneggiato seriamente dal tiro avversario riusciva con grande perizia a portarlo in salvo ». (Cielo del Basso e Medio Isonzo, 5 ‑ 26 maggio 1917).
**********
MEDAGLIA
DI BRONZO AL VALOR MILITARE ‑ D.L. 15 ottobre 1916.
Tenente
di complemento di Cavalleria, Gruppo Squadriglie Aviazione Artiglieria.
« Dava prova di ardire e calma in ogni occasione di volo. Il giorno 11 febbraio volava, nonostante il vento forte e l'aggiustato tiro avversario che colpiva il suo apparecchio ben undici volte, sopra una batteria avversaria da 305 per osservare il tiro di una batteria nostra, ponendo questa in grado di colpire in pieno il bersaglio ». (Lokvica, 11 febbraio 1916 ‑ Già distintosi volando sul Basso Isonzo il 12 novembre 1915).
**********
MEDAGLIA
DI BRONZO AL VALOR MILITARE ‑ D.L. 24 maggio 1917.
Tenente
di complemento di Cavalleria, Battaglione Squadriglie Aviatorie.
« Pilota di aeroplano addetto ad una squadriglia da caccia, con sereno sprezzo d'ogni pericolo e dando prova di grande perizia aviatoria e sangue freddo, affrontava con altri apparecchi della stessa squadriglia, un potente e ben armato velivolo nemico, concorrendo molto efficacemente, col fuoco della propria mitragliatrice, a determinare la caduta dell’avversario». (Cielo di Udine, 11 febbraio 1917).
**********
MEDAGLIA
DI BRONZO AL VALOR MILITARE - D.L. 10 giugno 1917.
Tenente,
Gruppo Squadriglie Aviazione Artiglieria.
« Tra vivo e continuato fuoco di artiglieria, fucileria e mitragliatrici nemiche, navigava a 750 metri sulle posizioni avversarie, allo scopo di agevolare l'osservatore nel ritrarre fotografie. Non essendo riuscita completa la serie, causa un guasto alla macchina fotografica, si manteneva alla stessa quota e nonostante la persistenza del fuoco, riusciva a precisare le posizioni di batterie e di ricoveri nemici ». (Basso Isonzo, 8 ‑ 9 aprile 1916).
**********
MEDAGLIA
DI BRONZO AL VALOR MILITARE ‑ D.L. 16 giugno 1917.
Tenente,
Gruppo Squadriglie Aviazione Artiglieria.
« Informato con altri aviatori che un aeroplano nemico volteggiava con insistenza sopra Monte Stol e Monte Stariski per regolare il tiro delle proprie artiglierie, montato su un velivolo da caccia, arditamente assaliva l'apparecchio avversario, che strenuamente si difese con una mitragliatrice e con un fucile a tiro rapido, e dopo una brillante e pericolosa lotta concorreva ad abbatterlo, rimanendone ucciso l'ufficiale osservatore e ferito mortalmente il pilota ». (Monte Stariski, 16 settembre 1916).
**********
PROMOZIONE PER MERITO DI GUERRA al grado di Tenente in S.A.P. (D. del Comando Supremo, 10 marzo 1917).
*****************************************************************************************
torna a Archivio
dei Ruffo di Calabria