CENNI STORICI SU BOVALINO
(Da - “ANALISI SOCIOLOGICA DI UN COMUNE DELLA FASCIA IONICA:
BOVALINO” – Tesi di laurea di DE BLASI BARBARA – Anno 1972). Comune in provincia di Reggio Calabria a 86 Km dal Capoluogo, sulla
sinistra della fiumara di Malachia, presso la costa Ionica. ……………..Stando alle testimonianze del portale di un’antichissima
chiesa ora cadente e in disuso che risale all’epoca normanna, e alla
presenza di ruderi di un antichissimo castello, è legittimo ritenere, non
senza fondamento, che una piccola borgata medievale costituisse il primo
nucleo abitato di quella che è, oggi, la frazione di Bovalino Superiore situata sul dorso di una
lunga e bassa collina, ultima propaggine dell’Appennino calabrese digradante verso il
mare, da cui dista 4 Km circa. ……………Sotto la dominazione romana, nel luogo dell’attuale
Bovalino dovette esistere una certa Butroto, centro di notevole importanza
commerciale e sociale. Il centro non ebbe condizioni di vita molto
favorevoli e conservò i caratteri di media borgata che perdurarono sino al
secolo scorso.
A Bovalino Superiore esisteva un borgo
detto Guarnaccia, non molto distante dal
paese, li era stato costruito dal Conte Ruggero un maestoso castello
danneggiato dal terremoto del 1908. Oggi sui suoi ruderi sorgono alcune
abitazioni che formano il nucleo centrale della borgata.
E’ storico che nella battaglia di Lepanto
nel 1571, vi abbia preso parte una galera di Bovalino, mandata dal Conte Marullo, dell’equipaggio facevano parte
tre zii del glorioso martire bovalinese Beato
Camillo Costanzo. Bovalino ebbe a lamentare due incendi: la prima volta fu distrutta dai Saraceni, la seconda dall’avventuriero Scipione Cicala l’otto settembre 1494. La incendiò in quattro punti, in modo che una volta sollevate le fiamme, il paese restasse chiuso in mezzo al fuoco. Gli uomini restarono asserragliati nel paese, mentre le donne si recarono in chiesa a pregare l’attuale statua dell’Immacolata. Allora il cielo che era terso, pieno di stelle, tutto ad un tratto si coprì di nubi e cominciò a piovere e gli uomini incoraggiati anche dal Signore che allora abitava nel castello, lottarono contro Scipione Cicala, vincendo e liberando il paese. Oggi, nella borgata, la festa più grande si celebra l’otto settembre e si chiama la festa del miracolo. Si sa la festa dell’Immacolata ricorre l’otto dicembre, siccome Bovalino Superiore ha avuto il miracolo ha chiesto ed ottenuto dal Papa Sisto V il privilegio di celebrare la festa l’otto settembre.
A
causa di tali incendi il popolo si divise ed emigrò in diverse località,
come risulta da scritti inediti di un certo Teodoro, il quale andò ad abitare sul monte
Varraro dove esisteva un cenobio di Basiliani.
Certo è che nel lento fluire degli anni,
Bovalino Superiore conservò l’aspetto e la condizione di grossa borgata,
con le contrade Pozzo, Biviera e le
campagne faceva 1800 abitanti circa…… ………Tale stato
di cose ebbe a perdurare fino agli ultimi anni del secolo scorso, epoca in
cui cominciò, verso la marina, dove era stata già costruita la linea
ferroviaria, l’esodo dei più intraprendenti, spinti forse dal bisogno di
evadere da una triste situazione di disagio economico e morale, che aveva
esaurito persino la speranza di un miglioramento di vita……… Non
tardò così il risultato di un trasferimento quasi totale della popolazione
di Bovalino Superiore alla marina, che oggi è diventato il centro urbano
di tutto il territorio. ……..Oggi Bovalino è un paese giovane, moderno, con discrete
risorse, con attività che vanno dalla piccola industria al commercio e al
turismo in linea con le prime cittadine della
provincia. PICCOLA
GALLERIA D'UOMINI ILLUSTRI GAETANO RUFFO Nacque a Bovalino nel 1822, in casa
dello zio paterno. Studiò a Napoli, manifestando la sua predilezione sia
per le discipline letterarie, che per quelle giuridiche, sotto la guida
degli insigni maestri Lamanna e Zuppetta. S'iscrisse alla “Giovine
Italia”. Signorile nei modi e nel costume, oltre che fornito d'ampia
cultura umanistica, egli scrisse un carme intitolato “Caino” ed alcune
liriche………..Espulso da Napoli nel 1843, il Ruffo, onde poter completare
gli studi dovette riparare a Messina dove conseguì la laurea in
legge…………..Il Ruffo partecipò attivamente al moto del 1847, irrompendo da
Bianco verso Gerace, alla testa di un gruppo di valorosi patrioti, i
quali, però, dopo i primi effimeri successi, furono sopraffatti e
sbaragliati dalle truppe borboniche. Condotto al supplizio egli affrontò
la morte con spartana fermezza, sull’orlo scosceso che delimita il piano
in cui sorgevano i due conventi dei Cappuccini e dei Riformati a Gerace.
Ricevette i conforti religiosi dal canonico Frascà, al quale poté
confidare il sentimento della libertà, ed elevare il pensiero a Dio. Seguì
la fatale scarica di fucileria che unì i cinque martiri dello Ionio nella
fossa comune. IL BEATO CAMILLO COSTANZO Il Beato Camillo Costanzo nacque nel 1572 a Bovalino Superiore da
famiglia benestante oriunda di Cosenza. Crebbe in un ambiente assai
religioso e trascorse la puerizia e la prima giovinezza molto serenamente,
sia per la straordinaria bontà del suo carattere, sia per l’agiatezza
economica della famiglia. Studiò prima lettere andando a frequentare la
facoltà di diritto civile presso l’Università di Napoli. ………..L'otto
settembre del 1591, dopo aver partecipato con le milizie d'Ambrogio
Spinola, all’assedio d'Ostenda, nelle Fiandre, dove si combatteva contro
il protestantesimo, sentendo il bisogno di appartarsi da una società in
piena crisi, dove la giovinezza si perdeva nel vizio e lo smarrimento
minacciava di travolgere ogni cosa, egli entrò nella “Compagnia di
Gesù”. ………Nel proseguimento del tempo, si andò
sviluppando in Lui una vera passione per la penitenza, una febbre di
superamento che quasi rasentava la voluttà del martirio, onde chiese, per
ben dodici anni consecutivi “instanter, instantius et instantisime”, di
partire per le missioni in Cina come riportano le cronache della
“Compagnia di Gesù”. Partito nel 1602 è sbarcato a Macao nel 1605, non
potendo penetrare nell’impero cinese, passò in Giappone, che era un altro
campo così difficile alla penetrazione del messaggio cristiano. Fu
arrestato, in Giappone, nel 1622 e arso a fuoco lento, a Firando, il 15
settembre dello stesso anno. Fu beatificato il 7 luglio 1867, legando il
suo nome all’eroica grandezza delle opere e della virtù. LA
CAVA MARIO (1) E’ nato a Bovalino giorno 11/9/1908. Laureatosi in legge a Siena,
esordì come scrittore nel 1935, sull’Italiano” di Longanesi, con alcuni
“Caratteri”. Il suo primo lavoro “Il matrimonio di Caterina” (un racconto
lungo che piacque a scrittori come Alvaro, Bonaiuti, Moravia e Tilgher)
risale al 1932; vide la luce, ma solo parzialmente, dato che la rivista
fallì anzitempo. In seguito La Cava collaborò a giornali e riviste tra cui
“Omnibus” di Longanesi, e “Letteratura” di Bonaiuti. Nel 1939 uscì il suo
primo libro “Caratteri”. …………..Con questo volume, prima tappa
importante della sua carriera di scrittore, La Cava mostrava di aver
raggiunto uno stile personale e non approssimativo, che suscitò un
notevole interesse nel mondo letterario italiano di quegli anni.
Nella formazione del
suo carattere, quanto mai schivo e solitario, aveva intanto influito
favorevolmente la conoscenza fatta sin dal 1928, d'Ernesto Bonaiuti,
ospite a Bovalino dello zio dello scrittore Francesco La Cava, suo medico personale. ………….Finalmente, nel 1950, il primo riconoscimento della cultura
ufficiale; il premio “Re degli Amici” assegnato a La Cava per i
“Caratteri” editi ed inediti nel 1953 presso Einaudi nella collana
“Vittoriana”.
Altri importanti scritti come “I colloqui
con Antonuzza”, “Le memorie del vecchio maresciallo”, “Mimì Cafiero”,
“Vita di Stefano” sono tappe letterarie importanti della vita di un
personaggio che tanto lustro ha dato a Bovalino. E’ morto nel 1988. LA CAVA Mario: Vita e letteratura (2) Mario La Cava nasce a Bovalino sulla costa ionica della Provincia
di Reggio Calabria l’undici settembre del 1908 da una famiglia piccolo –
borghese. Il padre, Rocco La Cava (1879 – 1956), era un acuto e sensibile
maestro elementare. La madre, Marianna PROCOPIO (1885-1970), donna di
straordinario ingegno, seppure di limitati studi, scrisse un “Diario ed
altri scritti” che la fecero conoscere ed apprezzare nel mondo della
cultura. Un suo zio, Francesco LA CAVA (1877-1958), oltre che medico, fu un
attento analista nel campo religioso e delle Sacre Scritture, saggista di
vari argomenti, studioso dell’arte. A lui si deve la scoperta (nel 1925)
del volto di Michelangelo Buonarroti – nella pelle di San Bartolomeo –
nell’affresco del Giudizio Universale della Cappella Sistina in Roma. Mario La Cava dopo aver compiuto gli studi universitari a Siena, si
laurea in Giurisprudenza nel 1931.Inizia così per l’"Avvocato” lo scopo
dell’intera sua vita: dedicarsi all’arte dello scrivere. Nel 1932 scrive il suo primo lungo racconto, “Il matrimonio di
Caterina” che vede la luce editoriale nel 1977 dopo ben 45 anni dalla sua
stesura. Il regista cinematografico Luigi Comencini, attratto dalla
delicata storia del libro, ne trasse un bel film per la Televisione. Mario La Cava esordì con un libretto divenuto famoso: “Caratteri”
(1939 – nuove edizioni, 1953-1980).Di lui si è pubblicato: “I misteri
della Calabria” (1952), “Colloqui con Antonuzza” (1954), “Le memorie del
vecchio maresciallo” (1958), “Mimì Cafiero” (1959), “Vita di Stefano”
(1962), “Viaggio in Israele” (1967-nuova edizione1985), “Una storia
d’amore” (1973), “I fatti di Casignana” (1974), “La ragazza del vicolo
scuro” (1977), “Terra dura” (1980), “Viaggio in Lucania” (1980), “Viaggio
in Egitto e altre storie d'emigranti” (1986), “Tre racconti” (1987), “Una
stagione a Siena” (1988), “Opere teatrali” (1988), “Ritorno di Perri
(scritti su Francesco Perri) ”, “Mario La Cava. Personaggio e Autore”
(1955). Particolare attenzione per un rilancio editoriale dell’opera
dello scrittore Bovalinese sarà riservata dall’Editore Donzelli di Roma.
E’ da qualche mese (marzo 1999) che si sono pubblicati i racconti de “La
melagrana matura”. Scrive Corrado Augias che questi sono racconti di una
certa grecità, del nostro Sud, in quanto “per secchezza
di scrittura e
forza dell’azione richiama soprattutto la classicità”. Mario La Cava era scrittore dotato di spirito di chiarezza. Nel
1996 ad un amico senese scrive, amaramente, che “Viviamo in una Nazione in
cui il merito non è premiato, mentre la prepotenza ed il raggiro trovano
estimatori entusiasti. Gli uomini intelligenti e sensibili di qualunque
grado sociale devono farsi forti di tutta la loro capacità di
sopportazione per sopravvivere”. La narrativa di La Cava si contraddistingue per la semplicità
espressiva e per i suoi trattati. E’ uno studioso che spende tutta una
vita per scrivere e analizzare la Calabria. Ponendosi a difesa dei più
poveri, descrive le loro sofferenze. Ecco un giorno cosa disse, parlando della sua opera: “Spero di aver
pur dato una voce ai più umili della mia terra”. Mario La Cava si spegne nella sua casa di Bovalino il 16 novembre
1988. 1999 Altano GIUSEPPE MACRI’ CRISTOFARO
Naturale delle cose, che, per il Macrì, è stupefacente
bellezza. ……………L’arte del Macrì, sorta in Giuseppe Macrì
Cristofaro (1913 – 1995) o il pittore solitario. Una solitudine assoluta
dalla quale l’uomo è assente se vi compare, qualche volta, non è più di
una macchia di colore tra le altre, infinite delle quali è formato il
mondo. Sembra che Macrì abbia ripugnanza a contemplare il volto umano; una
sola volta si è impegnato e nacque appunto la figura dell’adolescente
trasognato e solitario. Esiste invece, per Macrì, la natura chiusa in un
sogno d'eterna bellezza. ………Abbiamo un gruppo di paesaggi, del 1944, nei
quali una natura dolce e modesta intuita su un piano di piccolezza umana,
sembra inventata con i suoi alberi fiabeschi e il cielo astratto, dal
cuore stesso dell’infanzia ignara. Sorprende e
incanta, qui, l’accento primitivo di una pittura lontana, tanto
dall’esperienza culturale più viva, quanto da ciò che è il dramma della
vita nel corso della storia…………Il secondo gruppo di paesaggi, composti
poco per volta in tanti anni, segna l’apertura di un più sicuro sguardo
sulla realtà esterna del mondo. La luce della bellezza lo investe con i
colori delicati e accesi, con il rilievo delle sue forme armoniose.
……………..I tre ultimi paesaggi sono del 1961, quelli in cui un vento di
follia sembra sovrapporsi all’ordine un angolo appartato della nostra
terra, lontana dalla cultura, e, in un certo senso, anche dal dramma
moderno della vita, raggiunge spesso una singolare forza espressiva
limitata ma penetrante. MARIANNA PROCOPIO Marianna Procopio nata a Bovalino Mar. nel 1855, da famiglia di
piccoli borghesi, frequentò solo la terza elementare e non conobbe altri
libri fuorché quelli della sua scuola; finché nel 1936, a più di 50 anni
d’età, un incredibile furore lirico sorto in occasione della morte della
mamma, la rivelò a se stessa scrittrice. …………..Marianna
Procopio scriveva a matita, con calligrafia incerta, su fogli volanti di
carta usata (spesso era quella della pasta o della carne) i sogni che le
balenavano nella mente, il ricordo della madre morta, onde fissarne meglio
per se i contorni sfuggenti e, tali fogli erano abbandonati un po’
dovunque nella casa. Si accorse il figlio,
che allora esordiva come scrittore, e li salvò dalla distruzione
copiandoli a macchina e inviandoli a Bonaiuti, che comprese per primo il
valore. La sua rivista “Letteratura” pubblicò subito le prime dieci
pagine, successivamente altre pubblicò il “Selvaggio”. Altre pagine uscirono
nel dopoguerra, sul “Ponte” di Calamandrei………………….Seguono altri scritti in
un linguaggio di sapore primitivo, come quello dei Fioretti di San
Francesco, con tutti gli arbitrii di una sintassi indefinita, che l’unità
del canto sostiene anche nelle smagliature più
evidenti; così come doveva
accadere ai lirici greci dell’età classica, quando ognuno creava con il
dialetto della propria gente, la lingua della sua poesia. ELIO
RUFFO Elio Ruffo nacque a Reggio Calabria il 2/1/1921 – morì a Bovalino a
soli 52 anni il 16/6/1972, da antica famiglia calabrese. Il suo prozio,
Gaetano Ruffo, fu uno dei cinque martiri caduto sulla piazza di Gerace nel
1847. Suo padre, il famoso avvocato Gaetano Ruffo, dirigente della
Massoneria di Palazzo Giustiniani, fu uno strenuo oppositore del fascismo,
che lo costrinse a ritirarsi, privo di clienti, nel paese natale di
Bovalino, a condurre vita grama. ………………Elio
Ruffo crebbe così in Bovalino, in mezzo ai disagi della sua famiglia,
temprando l’animo agli ideali della libertà e della democrazia laica. Laureato in
legge, fece per breve tempo, dopo la guerra, il giornalista, lavorando per
“L’Umanità” e per il “Paese Sera”. Dedicatosi alla
regia cinematografica, fu aiuto di Sequi, in “Monastero di S. Chiara”. Fu
aiuto regista di Blasetti. Successivamente diresse documentari
interessanti: “S.O.S. Africo”, “I martiri di Gerace”, “Il Monte di Pietà a
Roma” e “Il bosco dei cavalli selvaggi”, girato in Sardegna e ripetuto più
volte dalla televisione. Con mezzi esigui diresse i films “Tempo d’amarsi”
e “Una rete piena di sabbia” sceneggiati da Lui. Aveva pronta una
sceneggiatura sull’attentato a Zaniboni e aveva iniziato un nuovo film,
sul summit di Montalto, al quale aveva dato il titolo “Borboni 70”, senza
che lo potesse portare a compimento, per mancanza di mezzi.
Certamente le difficoltà in cui è sempre
vissuto non gli hanno permesso di rilevare pienamente se stesso. Aveva
ingegno versatile. S'interessava d'alchimia, difendendola con la gran
cultura e con la finezza delle sue riflessioni dalla critica dei
benpensanti, più giudiziosi del necessario. Sapeva scrivere. Aveva il
senso dell’humour, era brillante nelle trovate comiche. La morte prematura
ha troncato tutte le sue speranze. PROCOPIO
PASQUALE – Giureconsulto – Il Canonico Procopio è stato maestro del Vescovo Morisciano. Della
famiglia Procopio, illustre nel paese per le doti di cultura e probità, è
testimonianza nel libro “Le memorie del vecchio maresciallo” di M La Cava,
in cui il nome è alterato, per ragioni di convenienza in quello di
Primolo. E’ detto che la gente si toglieva il cappello perfino davanti
alle mura della casa dei Procopio in Bovalino Superiore. IL
COMMERCIO – L’INDUSTRIA – IL TURISMO
L’inizio delle attività commerciali può
farsi risalire all’ultimo ventennio del secolo scorso. Prima di tale data
non esisteva, in realtà alcuna bottega di mercanzie. Furono attivi e abili commercianti il Guadagno e lo Zitara, provenienti da Maiori
(SA), ad aprire i primi negozi di generi alimentari, per la vendita al
dettaglio e all’ingrosso. La merce importata allora da Napoli e da
Messina, arrivava in paese con grossi velieri. In sostituzione dei predetti commercianti, trasferitisi a
Siderno, poco dopo sopraggiunsero Francesco
Savo e Michele Ferrigno, provenienti da Amalfi (SA), seguiti
successivamente, da Vincenzo Dipino.
Essi fornivano la merce anche ai piccoli negozi, che si aprivano man mano
in Benestare, Careri e Platì. Altri negozi di tessuti, contemporaneamente al Guadagno e allo
Zitara, impiantarono anche gli amalfitani Salvatore Bisogno e
Giovanni Roberto. Un’attività non meno lucrosa, a quei tempi, era la confezione
dei fichi secchi in cestini che erano spediti all’estero, soprattutto a
Marsiglia (Francia), dalla ditta Spinelli e
Dipino. Altrettanto prosperoso era allora l’allevamento del baco da
seta, i cui bossoli erano mandati alle filande di Villa San Giovanni, per
la fase successiva di lavorazione. Fiorente era, inoltre, la produzione locale dell’olio d’oliva,
che la ditta Ferrigno, Savo, Dipino
spedivano a Reggio per ferrovia, nonché verso la Liguria con appositi
piroscafi. Il commercio oleario costituì la maggiore risorsa economica del
paese fino al 1941, anno in cui i rappresentanti dei grossisti del nord
presero ad incettare l’olio di tutta la zona che era inviato alle ditte
del settentrione. Non
altrettanto fortuna ebbe l’attività INDUSTRIALE che pure, già praticamente inesistente
fino al termine della guerra mondiale, aveva conosciuto dopo, un periodo
di felice prosperità.
Un primo tentativo d’industria, se così
possiamo chiamarlo, fu compiuto nel 1905, con la fabbricazione delle pipe,
che poi erano inviate in Francia a Marsiglia per il loro completamento. Il
tentativo fallì per mancanza di mano d’opera qualificata e di mezzi
finanziari.
A dare l’avvio all'introduzione della
grande industria del legno entrano in campo, nel secondo dopoguerra i
F.lli Primerano e il Dr. Pasquale De
Domenico, animati da un vasto programma di respiro aziendale.
I Primerano, dopo aver praticato analogo
commercio a Taranto, passavano ad una fase d'industria di sfruttamento del
legno d’Aspromonte, impiantando le loro segherie nel territorio di San
Luca (RC) donde trasferirono a Bovalino, il centro di un imponente
complesso industriale per la fabbricazione dei compensati e affini.
Purtroppo, dopo pochi anni, anche questo
tentativo, per varie cause, fallì. Un correttivo almeno parziale a tanto
danno economico per le maestranze di Bovalino fu apportato dal Dr.
Pasquale De Domenico che, in società col geometra Giovanni Muscatello e col Cav. Antonio
Speziali, ebbe l’avveduta intraprendenza di creare un altro
complesso industriale di vaste proporzioni, per lo sfruttamento e la
raffineria degli oli d’oliva: la R.I.C.A.-
Sorta nel 1946, essa ha avuto un periodo
d’intensa e fortunata attività con le allora moderne attrezzature in
rapporto alle esigenze della tecnica e della chimica dei grossi vegetali.
Gli oli raffinati della RICA erano perciò da considerarsi tra i più
accreditati del mercato nazionale. Oggi della RICA, a ricordo di un
passato industriale fiorente, rimane il vecchio complesso murario.
Viceversa, doveva fallire al suo scopo la
S.I.B.A. nata col proposito di lavorazione
degli oli, ma tradita dalla pessima amministrazione dei mezzi finanziari e
da altre cause.
Altro complesso industriale importante per
la lavorazione degli oli d’oliva era quello della Ditta Catanese Rosario
che tanto impulso dette all’economia del paese.
Impulso notevole al TURISMO fu dato dall’intraprendenza dell’Ing. Domenico Panuzzo. Dopo il periodo
pionieristico dell’indimenticabile “Lido
Azzurro” sorto sull’arenile di Bovalino ad opera della famiglia
Chiarantano, il Panuzzo costruisce il
primo grande complesso alberghiero lungo il C.so Umberto l”Orsa”. Dotato d'attrezzature all’avanguardia
per l’epoca, l’Orsa fu testimone importante, per tanti anni, del primo
turismo di qualità. A distanza di qualche anno, e quando oramai le
correnti turistiche, si dirigevano sempre più verso le nostre zone, l’Ing.
Panuzzo alla periferia sud del paese, in località Bricà, costruisce il
secondo grande complesso alberghiero l’”Orsa
Sud”, una struttura modernissima e di prim’ordine capace di
accogliere centinaia d'ospiti in un ambiente raffinato ed elegante con
grande sala ristorante e specialità nazionali ed internazionali. Per via
del nostro meraviglioso clima, che allora come oggi è uguale, l’Orsa
offriva agli ospiti la “garanzia sole” e cioè il rimborso delle spese in
caso di pioggia durante il soggiorno.
Ai complessi alberghieri Orsa Nord e Orsa
Sud, si unisce, dopo qualche tempo, ad opera della famiglia Gurnari, il complesso alberghiero “Touring”, un piccolo gioiello che sorse sul C.so
Umberto 1° dove già esisteva un loro vecchio albergo. |